E' ben vero, dunque, che
l'Euro è una moneta che circola ampiamente, ma è ancor più vero il fatto che la percentuale dei contratti di copertura dei rischi degli interessi in euro è enormemente superiore alla proporzione che la Moneta unica ha negli scambi internazionali.
La Moneta Unica Europea cerca di tenere sotto controllo economie troppo diverse tra di loro, con rischi che il mercato percepisce chiaramente.
A partire dal 2002, il primo decennio era trascorso tranquillamente, ma solo in apparenza: nel silenzio generale, infatti, montavano le tensioni derivanti da squilibri enormi. Alcuni Paesi, come la
Grecia ed il Portogallo, erano sempre, strutturalmente ed in modo crescente,
debitori verso l'estero sotto il profilo commerciale e finanziario; altri, come la
Spagna e l'Irlanda, avevano un
sistema bancario sempre più indebitato verso l'estero.
L'Italia proseguiva intanto nella estenuante operazione di risanamento delle finanze pubbliche iniziata a valle della crisi valutaria del 1992: i vincoli al deficit posti dal Trattato di Maastricht e la politica di bilancio che accumulava annualmente consistenti avanzi primari, avevano consentito di ridurre il rapporto debito/PIL. Una dinamica inflazionistica leggermente superiore a quella media europea ed una crescita reale dell'economia italiana assai più modesta di quella degli altri partner impoverivano il Paese, anno dopo anno.
Il vantaggio che abbiamo avuto dalla entrata in circolazione dell'euro è stata la stabilizzazione verso il basso dei tassi di interesse sul debito pubblico: l'ombrello dell'euro ci ha fatto comodo, anche se rimaneva più alto il livello dei tassi di interesse pagati dalle imprese italiane rispetto alle concorrenti tedesche o francesi. Questo fattore ci ha penalizzato, oltre alla severità della finanza pubblica: ad una Moneta Europea Unica per le transazioni commerciali corrispondeva infatti una Moneta Europea Differenziata per le operazioni finanziarie.
Nel biennio
2010-2012, a valle della Grande Crisi Finanziaria americana,
l'Eurozona è stata colpita da una triplice tempesta: dapprima quella che ha investito i sistemi bancari di Germania, Francia, Belgio, Olanda ed Austria che si erano esposti in titoli statunitensi rivelatisi illiquidi e senza valore; poi quelle che hanno colpito i debiti pubblici di Grecia, Portogallo ed Italia, e derivanti dalla enorme esposizione verso l'estero dei sistemi bancari di Irlanda e Spagna.
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