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Antiche Certezze, Scomode Realtà

Nonostante l'inflazione, la BCE traccheggia

La realtà, assai grave, è sotto gli occhi di tutti.

Da una parte, la crisi sanitaria ha sconvolto le decennali granitiche certezze europee sul rigore fiscale, che viene eluso in prospettiva con la teoria del "debito buono", quello per gli investimenti nel settore ambientale e della informatica: affari per qualcuno, ma crescita assai poca.

Dall'altra parte, davanti all'inflazione che si è manifestata all'improvviso, e virulenta dappertutto, la BCE che si è intestata da decenni il ruolo di "Guardiano del Risparmio" non sa più che cosa fare. Non si sentono più i severi moniti pronunciati per decenni.

Ce lo hanno raccontato fino alla noia, negli anni scorsi, che l'inflazione è la tassa più iniqua, perché ridice il potere di acquisto di salari e pensioni, perché taglieggia il risparmio accumulato faticosamente negli anni, e che per questo motivo la BCE ha come unico mandato, assoluto ed inderogabile, la stabilità della moneta.

E poi, un po' alla volta, ci hanno convinto che no, che un po' di inflazione non guasta: la stabilità monetaria si ha quando i prezzi aumentano ad un livello "vicino ma non superiore al 2% annuo".

Il motivo è uno solo: dopo la crisi del 2008 e le feroci strette fiscali che ne sono seguite per controllare deficit e debiti pubblici, la competizione economica basata sui bassi salari aveva portato alla deflazione dei prezzi.

Mentre con l'inflazione la moneta perde valore, perde potere di acquisto perché il livello generale dei prezzi sale, con la deflazione avviene il contrario: la moneta aumenta di valore, perché i prezzi scendono. Con la stessa moneta, si compra una maggiore quantità di merce.
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