Siamo stati travolti dal gorgo: nel medesimo periodo 2009-2019,
il debito pubblico era infatti aumentato di 553 miliardi di euro: in pratica, i 773 miliardi di euro per interessi erano stati pagati per 220 miliardi con le tasse e per 553 miliardi contraendo nuovo debito.
Nel 2019, alla vigilia della
crisi sanitaria, abbiamo registrato allo stesso tempo il peggior risultato in termini di crescita, con il PIL reale aumentato appena dello 0,3%, ed il miglior risultato in termini di deficit, che era stato infatti ridotto appena all'1,5% del PIL.
La spesa per gli interessi sul debito, pari al 3,4% del PIL, era stata finanziata per la gran parte con le tasse: l'avanzo primario era arrivato infatti all'1,8% del PIL.La
cura del rigore, perseguita senza sosta, aveva ridotto la crescita economica al lumicino: in pratica, la politica di bilancio era strutturalmente recessiva. L'obiettivo del pareggio strutturale, previsto dal Fiscal Compact, era ormai a portata di mano, ma quello della riduzione del rapporto debito/PIL, previsto nel medesimo Trattato, rimaneva invece un miraggio. Se il PIL cresce in percentuali bassissime, il rapporto debito/PIL non si riduce per via dell'aumento del denominatore della frazione, ma solo con rimborsi netti di tasse. Una follia!
Nella NADEF appena varata, sembra che la strategia sia cambiata: il PIL del 2021 è stato rivisto in crescita, al 6%. Il deficit, che arriverebbe al 9,4% del PIL, viene destinato al pagamento di tutta la spesa per interessi (3,4% del PIL) ed al sostegno dell'economia per la quota restante (6% del PIL): il saldo primario tra le entrate e le spese al netto degli interessi è stato infatti negativo (6% del PIL).
Il PIL reale crescerà, secondo lo scenario programmatico, del 4,7% nel 2022, del 2,8% nel 2023 e dell'1,9% nel 2024. Parallelamente, il deficit scenderà dal 9,4% di quest'anno al 5,6% nel 2022, poi al 3,9% nel 2023 ed ancora al 3,3% del 2024. In tutti questi anni, il saldo primario rimarrà negativo: il deficit servirà per pagare tutta la spesa per interessi e per la quota restante a sostenere l'economia.
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