Tutto dipende, naturalmente, dalla tipologia degli impianti esistenti in ciascun Paese europeo. La
Polonia, che
usa quasi esclusivamente il carbone,
è il Paese europeo i cui i produttori pagano più di ogni altro ed è quindi quello in cui l'energia elettrica viene a costare di più ed il cui Stato incassa più di ogni altro dalla vendita delle quote di CO2 (nel secondo trimestre di quest'anno, ha registrato il 19,4% del totale europeo).
Segue la Germania, che ha dismesso anticipatamente quasi tutte le centrali nucleari per ritornare al carbone e
usare il gas che arriva con il North Stream dalla Russia (nel secondo trimestre di quest'anno, ha registrato il 16,6% del totale europeo).
Al quarto posto, dopo la Spagna, c'è l'Italia (sempre nel secondo trimestre di quest'anno, ha registrato incassi pari all'8,3% del totale europeo). La
Francia, che ha una produzione di energia elettrica prevalentemente da fonte nucleare, sta in coda (4,8%): in pratica, i suoi produttori hanno pagato per le quote di CO2 una somma che è un quarto di quella della Germania e la metà di quella dell'Italia.Nel
secondo trimestre di quest'anno, in Italia sono state collocate 14.500.000 quote di CO2, per un incasso d'asta pari a 718,5 milioni di euro. Il prezzo unitario di aggiudicazione delle quote di CO2 è quasi raddoppiato, passando dai 21,2 euro del primo trimestre ai 49,7 euro del secondo trimestre.
A tutto questo vanno aggiunte le somme pagate dai vettori aerei, che pure sono soggetti all'acquisto di quote di CO2: se il prezzo dei biglietti aumenta, c'è anche questo fattore.
Chi sta incassando a rotta di collo è il nostro Ministero dell'Economia: rispetto ai 431 milioni di euro relativi agli incassi del primo trimestre di quest'anno, dovrebbe arrivare a 718 milioni per quelli del secondo trimestre. Intanto, nel 2020 ha incassato la bellezza di 964 milioni di euro.
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