Una particolare attenzione è sempre stata dedicata, da tutte le forze politiche, ai
giovani, sin dai tempi dei Balilla e dei Gruppi Universitari Fascisti. Durante la prima Repubblica fiorivano la associazioni giovanili, che preparavano il campo alle formazioni politiche: dalla Azione cattolica alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana; dalla Federazione Giovanile Comunista Italiana alla Gioventù Liberale Italiana, non c'era movimento o partito che non si organizzasse per attirare a sé anche i più giovani.
La guerra del Vietnam, con la leva obbligatoria negli Usa, portò alla prima
protesta giovanile: ma a bruciare le bandiere americane non erano i più poveri, i ragazzi negri e gli emarginati. Erano invece i figli dei ricchi, che già beneficiavano della frequenza universitaria per rinviare il servizio militare: non ci pensavano proprio a lasciare quel mondo fatto di comodità e di privilegi, per raggiungere i loro coetanei che invece erano stati obbligati a lasciare le loro case per andare a combattere i Vietcong nelle melmose risaie del sudest asiatico. I figli dei Fiori sognavano un mondo migliore, contestavano il sistema imperialista, mentre le droghe e la libertà sessuale cominciarono a diffondersi a macchia d'olio.
Anche in Europa, a partire dal '68 dilagò questa forma di protesta giovanile, che prese innanzitutto di mira le istituzioni tradizionali: la gerarchia familiare e quella scolastica in primo luogo, che incarnavano l'autoritarismo.
Il nemico non era più quello di classe, il capitalista, ma chiunque detenesse forme di potere: i genitori, i professori, lo Stato.
Le associazioni giovanili tradizionali cominciarono a deperire a favore dei movimenti che si autodefinivano sempre più "extra-parlamentari": fu quella la
prima frattura sociale, su base anagrafica. La "musica moderna" giocò un ruolo fondamentale, separando definitivamente i giovani dalle generazioni precedenti.
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