(Teleborsa) -
Il fumo è in grado di modificare i geni umani contribuendo all’insorgenza di malattie negli ex fumatori, anche a distanza di 30 anni dall’ultima sigaretta: sono i clamorosi risultati di uno studio trentennale pubblicato sul Journal of Cardiovascular Genetics e presentati ieri dal Preside della Harvard School of Public Health, Andrea Baccarelli alla prima conferenza internazionale di Medicina Ambientale organizzata sa Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale) presso l’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara.
I marcatori epigenetici dei fumatori, vale a dire le alterazioni (metilazioni del DNA) degli “interruttori” dei nostri geni non ritornano mai più nelle condizioni precedenti, nemmeno a distanza di decenni dalla cessazione del fumo di sigaretta – svela lo studio – Gli effetti nocivi del fumo si presentano quindi anche a distanza di 30 anni dall’ultima sigaretta, contribuendo all’insorgenza di gravi patologie cardiovascolari negli ex fumatori e aumentando il rischio di infarti e ictus.
Ma a lasciare una importante impronta genetica sull’essere umano sono anche gli inquinanti ambientali, che impattano sulla salute ancor prima della nascita e già a partire dalla fase della gravidanza. “Le ricerche sperimentali condotte su placente umane sembrano riscontrare differenti alterazioni epigenetiche a seconda della tipologia di inquinanti più diffusi nelle diverse città, a seconda della predominanza di emissioni da traffico o di tipo industriale, come quello delle acciaierie - sottolinea il Rettore dell’Università di Chieti, Prof. Liborio Stuppia, noto proprio per i suoi studi di epigenetica – Sono proprio queste alterazioni epigenetiche ad essere responsabili dell’epidemia di obesità e del calo della fertilità che si diffondono rapidamente a livello mondiale, come risultato delle continue interazioni tra i contaminati ambientali (metalli pesanti, bisfenolo, microplastiche ecc.) ed il nostro patrimonio genetico già nel grembo materno o presenti addirittura prima della nascita nelle cellule germinali dei futuri genitori”.
“Oggi le alterazioni degli “interruttori” epigenetici dei nostri geni dovute al contatto con inquinanti ambientali ad azione interferente endocrina sono causa di ben 3,5 milioni di casi di asma nel mondo, oltre che dell’incremento del numero di diabetici, inclusi i bambini che sempre più soffrono di questa patologia – afferma il vicepresidente Sima, Prof. Prisco Piscitelli – Si stima che il numero dei diabetici nel complesso passerà dagli attuali 463 milioni a 578 milioni nel 2030, per raggiungere quota 700 milioni di malati nel 2050, con un incremento del 51%”.
“Tra i principali inquinanti responsabili di queste modifiche epigenetiche vi sono i metalli pesanti (come piombo, mercurio e cadmio), i composti organici (come i pesticidi) e le polveri sottili (PM2.5), emesse soprattutto dal traffico urbano e dall’industria. L’esposizione a questi agenti tossici è stata associata a un aumento del rischio di malattie croniche, quali il cancro, le malattie cardiovascolari e quelle neurodegenerative. E’ sempre più urgente spostare i riflettori verso una vera prevenzione primaria, attraverso una nuova visione in grado di rimuovere le cause ambientali che contribuiscono all’insorgenza di malattie specie in ambito pediatrico” – conclude il presidente Sima, Alessandro Miani.
Di qui l’appello delle personalità del mondo scientifico in favore di una nuova visione della medicina basata sulla prevenzione, lanciato nel corso della prima Conferenza internazionale di Medicina Ambientale dal significativo titolo “
Minacce Ambientali alla Salute Umana: dalla Genetica all’Epigenetica”, alla quale sono intervenuti tra gli altri, il Magnifico Rettore dell’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, Liborio Stuppia, il famoso genetista Premio Nobel per la Medicina, Richard Roberts, il direttore del Dipartimento di Salute Ambientale di YALE, Vasilis Vasiliou, il Preside della Harvard School of Public Health, Andrea Baccarelli, la Direttrice del Dipartimento Ambiente, Salute e Clima dell'Oms, Maria Neira, Andrew Haines della “Lancet Commission on Pollution and Health”.