(Teleborsa) - Continua l’esame del Governo Meloni per introdurre
una nuova previdenza e rimane lontano mille miglia da quello prospettato un anno e mezzo fa in campagna elettorale: anziché allargare l’anticipo alle categorie lavorative che svolgono professioni usuranti e sono
facili vittime del burnout, come accade per chi opera nella scuola, sono allo studio delle nuove regole che innalzano i requisiti d’accesso. Addirittura si dice addio alla già poco conveniente Opzione Donna e si introducono penalizzazioni: è in arrivo, ad esempio.
Quota 104, riservata a chi ha almeno 64 anni età e 40 di contributi, con tagli pure consistenti all’assegno pensionistico."Reputiamo queste proposte irricevibili – commenta con amarezza
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - , mentre riteniamo che basterebbe dare applicazione nella scuola alle medesime regole in vigore oggi per i lavoratori delle forze armate, dando inoltre la possibilità ad insegnanti e personale Ata di realizzare il riscatto gratuito degli anni di studio universitario più l’eventuale integrazione dei fondi bancari.
Riteniamo che non si può obbligare la maggior parte dei dipendenti a lasciare il lavoro alle soglie dei 70 anni. E poi ci dicono che la spesa continua a crescere: negli ultimi sei anni l’incremento è stato di 70 miliardi. C’è qualcosa che non va, perché i requisiti per lasciare il servizio e le somme percepite una volta pensionati stanno diventano sempre più sfavorevoli ai lavoratori", conclude Pacifico.
Anief ricorda che l’aumento della spesa sociale legata all’Inps potrebbe essere contrastato: lo Stato, a nostro avviso, dovrebbe pagare mensilmente
sia i contributi ai 3,5 milioni di dipendenti pubblici (si tratta di tre volte la quota oggi trattenuta nello stipendio) sia la sua parte di TFR/TFS. In questo modo potremmo risanare i conti e lasciare prima il lavoro.