(Teleborsa) - E' bastato un dato deludente sulla
produzione manifatturiera a riacutizzare prepotentemente la mai sopita "sindrome cinese".
Ieri i mercati di tutto il mondo hanno inaugurato il 2016 con pesanti cali: le
Borse cinesi hanno perso 590 miliardi di dollari di valore nel peggior inizio d'anno di sempre, spingendo le autorità di mercato a sospendere le contrattazioni anzitempo. Quelle
europee hanno bruciato 264 miliardi di euro,
Wall Street ha registrato la peggiore apertura dal 1932.
Per tentare di calmare gli investitori la
Banca Centrale cinese ha
iniettato nel sistema finanziario 130 miliardi di yuan (pari a poco meno di 20 miliardi di dollari) attraverso un'asta a breve termine.
Sembra inoltre che Pechino stia meditando di
prolungare alcune delle misure adottate quest'estate per frenare la volatilità.
Tra queste, il divieto imposto a grandi società ed investitori di vendere azioni, che andrà a scadere il prossimo 8 gennaio.
Bloomberg fa sapere invece che oggi i
fondi governativi hanno
acquistato titoli sul mercato per limitare le perdite.
Secondo gli analisti, tuttavia, queste misure potrebbero alla lunga minare la fiducia nelle autorità di mercato cinesi e non bastare più, in quanto i mercati devono essere in grado di "auto-regolarsi".