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Clima, Parigi trova la quadra ma l'accordo non è vincolante

Con un giorno più del previsto è stato trovato accordo sul clima che non è vincolante a livello internazionale e concede più tempo ai Paesi in via di sviluppo, come India e Cina, che a causa della loro più recente industrializzazione, potranno arrivare agli obiettivi prefissati con più calma.

Ambiente, Clima, Politica
Clima, Parigi trova la quadra ma l'accordo non è vincolante
(Teleborsa) - E' accordo fu! La Conferenza sul Clima di Parigi si è conclusa con un accordo globale sul clima.

C'è voluto un giorno in più del previsto, ma il testo definitivo è stato rilasciato e approvato dall’UNFCCC, la Convenzione Quadro dell’ONU, sui cambiamenti climatici. 31 pagine: tante sono quelle di cui si compone il documento sul patto globale sul clima che diventa un protocollo (come Kyoto) non vincolante a livello internazionale.

I 195 Paesi membri si sono impegnati a raggiungere determinati obiettivi, mentre le regole di entrata in vigore sono le stesse del precedente accordo: ossia questo deve essere ratificato da non meno di 55 Paesi, i quali devono complessivamente rappresentare non meno del 55% delle emissioni globali di origine antropica.

Il patto, una volta ratificato si basa sul principio della responsabilità comune ma differenziata: i Paesi in via di sviluppo, come India e Cina, a causa della loro più recente industrializzazione, potranno arrivare agli obiettivi prefissati con più calma.

Obiettivo a lungo termine della COP21 è quello che impone di mantenere il riscaldamento globale "ben al di sotto dei 2 °C", per questo i 195 Paesi sono giunti alla conlusione di incentivare lo sforzo perché l’obiettivo sia quello di rimanere al di sotto del 1,5 °C.

Gli impegni per la riduzione delle emissioni saranno soggetti a revisione ogni 5 anni a partire dal 2023, con l'obiettivo di raggiungere piani sempre più ambiziosi.

Per quanto riguarda i finanziamenti climatici, per incentivare le misure di taglio delle emissioni e di difesa dalle catastrofi nei Paesi poveri, si è deciso che tra il 2020 e il 2025 si stanziarenno 100 miliardi di dollari.

Altro tema trattato, quello dei risarcimenti climatici per le perdite e i danni irreparabili (loss and damage) subìti dai Paesi vulnerabili a un cambiamento climatico innescato dalle economie avanzate.

Su questo tema, c'è stata battaglia fino all’ultimo sangue. Forte è stata la resistenza di Unione Europea e Stati Uniti che si sono opposti a misure coercitive che li espongano a richieste di indennizzo da parte dei Paesi poveri, vittime di disastri dovuti ai cambiamenti climatici.

In sostanza il meccanismo internazionale istituito alla COP di Varsavia per il loss and damage "non comporta o fornisce alcuna base per qualsiasi responsabilità o compensazione".

Il Protocollo di Parigi non fissa alcun termine per lo sfruttamento di carbone, gas e petrolio. Tutto quel che chiede è il raggiungimento del picco di emissioni il prima possibile al fine di pervenire a "un equilibrio tra le emissioni di origine antropica … e l’assorbimento dei serbatoi di gas serra nella seconda metà di questo secolo".

Passa dunque il principio della neutralità climatica e non quello delle emissioni zero o decarbonizzazione, che faceva paura all’industria. Per quanto riguarda la deforestazione: pur ribadendo l’importanza delle foreste come serbatoi di carbonio e la necessità di ridurre il disboscamento, nessun obiettivo vincolante per la deforestazione zero è contenuto nel testo.





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