(Teleborsa) - Il governo brasiliano ha annunciato l’approvazione di un
pacchetto di tagli alla spesa per 7 miliardi di dollari per colmare l’enorme buco che si è aperto nel bilancio del 2016, di 7,8 miliardi di dollari, pari allo 0,5% del PIL, incanalati però verso le voci obbligatorie come pensioni e stipendi pubblici.
Nello stesso tempo sono state rese note le mosse per recuperare altri 8 miliardi, riattivando l’impopolare
tassa sulle transazioni finanziarie, che era stata abolita otto anni fa.
L’austerità è necessaria, ma poco sostenibile politicamente in questa fase.
Il governo di Brasilia sta lottando per tirare l'economia del paese fuori dalla recessione. Operazione resa più faticosa dopo il
declassamento di Standard & Poor sul debito del paese e dal bassissimo consenso di cui gode adesso il
presidente Dilma Rousseff, appena all'8%. Consenso politico che non si rilevava dal 1985, anno di inizio della democrazia, dopo la dittatura militare.
Oltre a questi due importanti interventi, i provvedimenti che sono stati annunciati in una conferenza stampa dal ministro delle finanze Joaquim Levy e dal ministro per la Pianificazione Nelson Barbosa, prevedono la
riduzione del numero di ministeri statali, da 39 a 29, il
taglio di 1.000 posti di lavoro nel settore pubblico e il
congelamento dei salari ai livelli attuali, per gli altri 614.000 dipendenti statali.
Il ministro delle finanze ha detto che
la scure del governo sarebbe caduta anche su alcuni grandi progetti di infrastrutture pubbliche, compresi quelli destinati a migliorare la condizione delle classi meno abbienti, come l’ambizioso programma di edilizia sociale, sventolato da Dilma Rousseff prima della sua elezione, "La mia casa e la mia vita".