(Teleborsa) - Le
fratture interne al Partito Democratico (PD) sul Jobs Act non sembrano essere poi così profonde, anche se a circa una settimana dall'inizio delle votazioni a Palazzo Madama si contano i senatori.
Oltre alle rimostranze mostrate dall'opposizione, c'è ancora da chiarire come si comporterà la maggioranza, che appare divisa sull'argomento.
Al voto finale "certamente non mancherà la lealtà verso il partito e il governo", ha affermato ieri l'ex segretario del PD,
Pier Luigi Bersani, dopo le dure parole pronunciate di recente, aggiungendo di aspettarsi "che il governo presenti l'emendamento" alla delega sul lavoro che ingloberà le modifiche all'articolo 18 annunciate dal premier Matteo Renzi e "poi, a seconda del testo, si presenteranno dei subemendamenti".
Il premier Renzi, oltre ad avere a che fare con il fronte interno, deve poi vedersela con i sindacati sull'ipotesi di
inserire il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) in busta paga.
Renzi vorrebbe incassare il via libera in prima lettura entro il vertice sul lavoro dell'8 ottobre, giorno del summit europeo, ricorrendo se necessario anche alla fiducia.