Questi sono i fattori che hanno ridotto la biodiversità in campo agricolo e nell'allevamento, creando un
sistema ecologicamente non sostenibile ed economicamente penalizzante per i piccoli operatori. I margini di profitto si sono spostati a favore delle Multinazionali e della Grande Distribuzione.
Qui sta il paradosso di Bruxelles: per contrastare l'innegabile degrado dei terreni dal punto pedologico, l'inquinamento delle acque sotterranee e la riduzione delle varietà coltivate ed allevate, propone di ridurre le aree destinate ad uso agricolo. In pratica,
si passa dai Parchi e dalle Riserve naturali alle Aree di Rinaturalizzazione.
La conseguenza di questa decisione è aberrante: voler
ridurre il territorio da destinare all'agricoltura, per restituirlo alla Natura incontaminata, significa dover sfruttare maggiormente quello che rimane. Invece di favorire il ritorno all'agricoltura sostenibile e all'allevamento brado, si aumenta il differenziale naturalistico tra le aree protette e le aree coltivate.
Ed è paradossale il capovolgimento della logica secondo cui "Chi inquina, paga!":
al consumatore, le carni o le uova da allevamento e da agricoltura biologica devono costare di meno, e non di più, rispetto a quelle che provengono da una filiera produttiva che abusa di mangimi industriali, di concimi chimici, di diserbanti e di pesticidi di ogni sorta.
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