Tutto si intreccia. Mosca da tempo teme per la sicurezza del lunghissimo ponte di Kerch che consente il collegamento diretto tra la Russia e la Crimea, già danneggiato pesantemente l'8 ottobre del 2022 per l'esplosione di un vagone ferroviario che trasportava combustibili: sospetta che droni o robot marini possano essere nascosti da navi mercantili che si trovino al largo nel nord del Mar Nero. E così è stato: appena poche ore prima che scadesse il termine dell'Accordo sul grano, che consente alle navi mercantili di avvicinarsi alle coste, nella notte del 17 luglio scorso due piloni del ponte sono stati colpiti.
Il danno materiale al ponte di Kerch non sembra ingente, ma le conseguenze politiche lo sono: l'
Accordo sul grano ucraino non sarà rinnovato per il diniego della Russia. Il danno maggiore che ne deriverà, oltre che per le popolazioni africane cui verrà meno la fornitura, sarà per i produttori ucraini e per le multinazionali che sono interessate al gigantesco business che si muove dietro i cereali. Venendo meno queste forniture, saranno i cereali russi a rimpiazzarli, con un aumento dei prezzi.
Se Ankara ci rimette da questo blocco commerciale, visto che incassava i diritti di passaggio sulle navi, di certo aveva fatto una gran bella figura con tutto l'Occidente consegnando a Kiev i militari del Gruppo Azov. Ma al
Vertice della Nato tenutosi a Vilnius, cui ha partecipato anche il Presidente americano Joe Biden per sottolinearne il rilievo, mentre tutti si attendevano finalmente la dichiarazione di assenso della Turchia all'ingresso della Svezia, non solo è stato annunciato un rinvio della decisione a dopo l'estate, ma è stata rimessa sul tappeto la
questione della adesione della Turchia alla Unione europea: uno scambio di favori, "this for that" come si dice in gergo diplomatico.
Ma il favore più grande, intanto, Ankara lo ha fatto a Mosca: ha dato scacco alla strategia che punta al suo circondamento completo a Nord. Ed, in più, ha fatto capire che se la Nato si vuole allargare alla Svezia, e così pure la Unione Europea alla Ucraina, la Turchia non può stare solo a guardare.
La questione non finisce qui. Ci sono gli
interessi in Siria, dove pur tra ruvidezze gli interventi militari di Turchia e Russia si sono coordinati, dividendosi le aree di intervento: ma è qui che, a quanto pare, gli Usa vogliono prendersi una rivincita sul campo, per rendere più pesante dal punto di vista economico e sanguinoso sotto il profilo militare della presenza russa. Il problema è serio: per procedere ad un intervento diretto da parte americana, che sarebbe pericolosissimo per le implicazioni che creerebbe, "serve" comunque un casus belli, un massacro di civili che renda plausibile se non indispensabile il ricorso al
Dovere di Proteggere le popolazioni siriane. Inoltre, si rischia di distogliere l'attenzione dalla Ucraina ed il consenso fin qui raggiunto nel conflitto politico dell'Occidente contro la Russia. Ma soprattutto l'Iran, dove è recentemente fallita anche la "rivoluzione dei capelli al vento" che sfruttava il desiderio femminile di libertà dalle costrizioni religiose, si muoverebbe.
Le pesanti pressioni politiche esercitate in passato verso la Turchia hanno sortito effetti opposti, inducendola ad aprire rapporti ed a negoziare con i cosiddetti nemici dell'Occidente: non tanto con la Russia di Putin, quanto con i Talebani in Afganistan passando per i Fratelli Musulmani sostenuti dal Qatar.
Sono queste le alchimie millenarie del potere, che Ankara ha ereditato dall'Impero di Oriente.
Grano, Svezia, UE, Russia, Siria, Armi…
Cose Turche, ma soprattutto Bizantine
"