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problema sono innanzitutto gli squilibri commerciali internazionali: quando, nel complesso, c'è un Paese che compra più di quanto vende. Qui sta il punto: se deve svalutare la propria moneta per comprare di meno e vendere di più, anche gli altri devono corrispondentemente rivalutare per vendere meno e comprare di più.
A questo punto serve una unità di conto comune, che pesi i rapporti tra le economie che partecipano al sistema, rendendo possibile questo meccanismo di riequilibrio valutario: a questo serviva lo
SME, che nel '92 saltò in aria per convergenti interessi strategici e speculativi enormemente superiori, di Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Se si mantiene un rapporto stabile tra le riserve patrimoniali delle Banche centrali, auree e valutarie, e la moneta in circolazione, si limitano le conseguenze negative derivanti dalla immissione eccessiva di liquidità attraverso il Tesoro, le Banche ordinarie ed i Mercati finanziari. E' un limite alle politiche monetarie che va posto, per evitare che creino problemi maggiori di quelli che vorrebbero correggere sia sul piano interno che internazionale.
C'è bisogno di un riequilibrio nei processi di accumulazione internazionale: neppure la Cina può continuare ad accrescere le proprie attività sull'estero, mentre gli altri Paesi si indebitano.
Questa sarà la vera prova di maturità per la Cina, verso il Partner dei BRICS e verso il Sud del Mondo: mentre non può minimamente pensare di sostituire la dittatura del dollaro con quella dello yuan, può certamente contribuire alla costruzione di un sistema di relazioni internazionali più equilibrato.
Oltre il fallimento di Bretton Woods e la drammatica presunzione dell'Euro I BRICS, l'Oro e la Dedollarizzazione
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