La più recente
questione di Taiwan non è che l'ultimo anello di una serie di iniziative volte a raffreddare la cooperazione statunitense con la Cina cui la Gran Bretagna si è andata immediatamente allineando come dimostrano le recentissime affermazioni del neo Premier britannico
Rishi Sunak che ha annunciato la chiusura dei trenta "Istituti Confucio" presenti in Inghilterra, considerandoli come uno strumento per infiltrarsi nel mondo della cultura.
Anche per l'Inghilterra, dunque, la Cina è diventata un pericoloso competitor.
Pechino, a questo punto, deve fare da sola: ad ottobre,
il delisting di alcuni colossi cinesi sia da Wall Street che da Londra è stato un segnale significativo.
D'altra parte, sono ormai diversi mesi che la Cina ha smesso di reinvestire in titoli del Tesoro americano: le detenzioni si riducono a mano a mano che arrivano alle scadenze. Ha quindi la disponibilità liquida delle esportazioni in dollari, che può essere utilizzata per evitare un apprezzamento del dollaro sullo Yuan.
Ma, in prospettiva,
Pechino deve accelerare la sua strategia di autonomia sia rispetto a Wall Street che nei confronti della City. Il brusco atteggiamento tenuto nei confronti della Banca centrale russa, con il congelamento delle riserve giacenti presso le corrispondenti, ha raffreddato ogni prospettiva di cooperazione.
Le iniziative cinesi volte ad usare le monete nazionali nel commercio con l'estero, usando i rubli e le rupie insieme allo yuan, sono un ulteriore passaggio verso un sistema meno dipendente dal dollaro.
Spetterà ora a
Shanghai, che è già sede della Borsa,
diventare anche il principale polo di intermediazione dei capitali internazionali verso la Cina e quelli della Cina stessa verso il resto del mondo, lasciando ad Hong Kong il suo ruolo storico di piazza legata ai traffici off-shore.
Non sarà più Londra a traghettare lo yuan verso i mercati globaliSe Shanghai sfida la City
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