I capitali fiutano sempre il pericolo, e fuggono sempre per tempo dall'area valutaria su cui si addensano nubi di tempesta.
L'unico barometro a disposizione di tutti, quotidianamente, è il
tasso di cambio tra le valute: quello tra euro e dollaro è sensibilissimo, ha oscillazioni pazzesche di mese in mese, di anno in anno. Non sono le transazioni commerciali che lo influenzano, bensì i movimenti di capitale tra una sponda dell'Atlantico e l'altra.
Prima di guardare a quello che sta accadendo in questi mesi all'euro, è più istruttivo rivolgere lo sguardo all'indietro, alla vigilia della Grande Crisi Finanziaria che ha colpito gli Usa nel 2008, culminata con il
fallimento della Lehman Brothers a settembre.
I mercati sapevano bene quello che stava accadendo, la
crisi dei mutui sub-prime che avrebbe devastato i bilanci di centinaia di banche, di fondi di investimento e di privati investitori, richiedendo interventi di portata gigantesca da parte degli Stati e delle Banche centrali per superare il collasso dei mercati: nessuno prestava più i soldi a nessuno, perché non sapeva se il debitore aveva in bilancio titoli tossici, ormai privi di alcun valore. Avrebbe prestato i soldi ad un soggetto già virtualmente fallito.
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