Tutto è cominciato con la lettera a doppia firma al FT del Presidente francese Emmanuel Macron e del Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, in cui si auspicava una profonda revisione delle regole europee in materia di disciplina fiscale, visto che quelle contenute nel Fiscal Compact si sono dimostrate per un verso oscure e complesse e per l'altro inefficaci a sostenere la crescita economica.
Inutile dire queste critiche alla eccezionale severità imposta ai bilanci europei sin dai tempi del
Trattato di Maastricht che risale al 1992, cioè a trent'anni fa, arrivano tardi, solo dopo l'ennesima crisi economica sistemica determinata dalla
epidemia di COVID-19, dopo quella globale che si era già
scatenata a partire dal 2008 a seguito del fallimento della Lehman Brothers.
Ora non è il momento di recriminare: bisogna guardare avanti, e considerare congiuntamente i seguenti dati:
- I debiti pubblici europei sono aumentati a dismisura, di circa il 20% in rapporto al PIL in modo pressoché omogeneo in tutti i Paesi, per via delle spese adottate per sostenere le famiglie e le imprese durante le fasi più dure della pandemia. L'Italia è arrivata nel 2021 ad un rapporto debito/PIL pari al 159,8%, la Francia ad oltre il 120%: l'obiettivo di ridurre questa percentuale al 60% in 20 anni, al ritmo del 5% l'anno come è prescritto dal Fiscal Compact è irraggiungibile. L'Italia dovrebbe ridurlo quindi del 5% l'anno, una percentuale quasi tripla rispetto a quella della crescita economica: per raggiungere questo obiettivo si dovrebbe imporre ogni anno una imposta patrimoniale, saccheggiando i risparmi.
"