Più liquidità hanno le Banche, maggiori sono i depositi dei risparmiatori, più hanno difficoltà ad impiegare in modo fruttifero queste risorse. Visto che la BCE compra in continuazione titoli di Stato, non solo con il Qe ma ormai da più di un anno e mezzo anche con il PEPP,
i rendimenti dei titoli di Stato sono scesi a livelli negativi: quelli tedeschi, lo sono da tempo su tutte le scadenze. Questo significa penalizzare tutti coloro che hanno un business fondato su rendite di lungo periodo, come le assicurazioni ed i fondi previdenziali.Le
banche, a loro volta, si trovano in difficoltà: erogare credito, in periodi così contrastati di crisi, è assai rischioso. Il margine di interesse è ridotto al minimo storico, nonostante siano stati praticamente azzerati i rendimenti corrisposti ai depositanti.
C'è poi una componente sistemica ormai irreversibile: i conti correnti sono usati dai depositanti per gestire i pagamenti, mentre la quota destinata al risparmio si è ridotta enormemente.
La colpa, anche stavolta, è stata dei policy-maker: avendo previsto il
bail-in per la soluzione delle crisi bancarie, e dunque vietando l'intervento a carico degli Stati (il cosiddetto
bail-out), si prevede che a coprire le perdite siano gli azionisti e gli obbligazionisti: la conseguenza è stata l'abbattimento della raccolta a medio e lungo termine che era assicurata dalla sottoscrizione di obbligazioni bancarie.
Le
banche hanno dunque una raccolta sempre più liquida, a vista, depositata nei conti correnti, mentre
sono esposte con i crediti a più lungo termine: è un altro
rischio, dunque. Devono cercare di tenersi sempre più liquide sull'attivo, così come sono sempre più liquide sul passivo: per farlo, comprano titoli di Stato, che sono l'impiego più liquido che esiste al momento. Ma, così facendo, hanno una perdita di esercizio, perché i rendimenti sui Titoli di Stato sono per lo più negativi. Non ci pagano più neppure i costi fissi di gestione.
"