Tra i Paesi che hanno una
posizione finanziaria internazionale netta in attivo troviamo in testa il
Giappone, con un saldo attivo pari a 3.675 miliardi di dollari a fine 2019, corrispondente al 66% del PIL. Segue la
Germania ha fatto registrare un attivo di 2.707 miliardi di dollari, pari al 71% del PIL. Segue la
Cina, con un attivo di 2.200 miliardi di dollari, pari al 15% del PIL. Seguono
Hong Kong e Taiwan, rispettivamente con 1.735 e 1.343 miliardi di dollari, con una percentuale stratosferica sul PIL del 419% e del 220%.
Giappone, Cina, Germania, Hong Kong e Taiwan hanno tutte un saldo commerciale attivo verso il resto del mondo. In particolare, per quanto riguarda gli USA, nel 2019 il saldo per le merci è stato di +345 miliardi di dollari per la Cina, di 69 miliardi per il Giappone, di 67 miliardi per la Germania, di 26 miliardi per Hong Kong e di 23 miliardi per Taiwan (
U.S. Trade in Goods by Country).
Nonostante le minacce ed i dazi,
Donald Trump non è riuscito ad invertire la tendenza allo squilibrio commerciale americano. Anzi, è stata proprio la vigorosa crescita economica americana cui ha dato impulso fino alla crisi per l'epidemia di Covid-19, che ha mantenuto alto il livello delle importazioni di cui hanno beneficiato tutte le altre economia mondiali.
Gli USA pagano la decisione di abbandonare la manifattura, considerata sin dagli anni di Ronald Reagan un business del passato: ma è ancora la Old economy che continua a dare lavoro e redditi, arricchendo i Paesi che hanno puntato o hanno mantenuto le industrie in questo settore. Nel 2019, infatti, mentre in America la
quota della manifattura era appena del 10,9% del PIL, in Cina è stata del 28%, in Germania del 20%.
In Italia è scesa al 15%, in Francia al 10%, in Gran Bretagna al 9%.
Wall Street ed i suoi record non bastano a pareggiare i conti.
Il deficit manifatturiero americano ha arricchito Cina, Giappone, Germania...USA, il Grande Debitore(Foto: Max Larochelle on Unsplash)
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