Dal Nord al Centro, al Sud, non c'è Paese al mondo che possa vantare tale e tanta eterogeneità di culture, di rimandi, di invasioni straniere assorbite come una spugna. Perché l'Italia è stata invasa innumerevoli volte, ma ha fatto suo il sangue straniero.
Non c'è
niente da reinventare, ma tutto da riscoprire. Non bisogna rincorrere le scuole di economia che trascurano l'uomo ed i suoi bisogni, incantate dal mito del denaro.
Meno ancora ci servono le tecnologie in cui c'è solo la cristallizzazione meccanica di una memoria priva di conoscenza, ed una elaborazione dei dati che approda a significati inumani.
Questa è la sfida. Nella deriva del mondo attuale, perso tra la rincorsa verso la produzione ed il consumo illimitato e l'ansia ambientalistica di bloccare tutto per tornare alla natura incontaminata ed al mito del buon selvaggio, dobbiamo ritrovare l'equilibrio.
Invece di aspettare i roboanti programmi europei, le salvifiche riforme propinate dalle Troike di questo e dell'altro mondo,
dobbiamo tornare ad essere custodi gelosi della nostra terra, delle nostre tradizioni, della identità che ha assorbito mille e mille contaminazioni.
Non mancano agli Italiani la laboriosità e lo spirito di sacrificio.
Servono governanti più attenti ai bisogni ed alle vocazioni della collettività che non agli affari rapaci di pochi.
E' la rapina dei beni collettivi che lo Stato deve impedire, non farsi lui imprenditore, innovatore e gestore.
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