1992 - FU UNA CATASTROFE, BEN ORGANIZZATA, TRA BERLINO E WASHINGTON: mentre i capitali italiani volavano in Germania, provocando la caduta del cambio della lira, la speculazione internazionale guidata da Soros si aggiunse, per mascherare tutto e stendere un velo pietoso.
Gli Usa dovevano appoggiare il piano tedesco, per dominare una Europa che puntava all'ampliamento a Nord-Est: così facendo, intanto sgranavano lo
Sme, che già allora voleva fare blocco contro il dollaro. Presero così due piccioni con una fava, indebolendo la strategia che avrebbe portato alla moneta unica e rafforzando il disegno geopolitico che puntava sulla Germania per sbriciolare il Patto di Varsavia e l'URSS.
Berlino aveva bisogno di risorse, e soprattutto di indebolire l'Italia, che era la concorrente industriale più agguerrita. L'Attacco alla lira, che culminò con la svalutazione ed una profonda recessione, era quello che serviva. Le manovre correttive del Governo Amato piegarono l'economia italiana, ma soprattutto gli
alti tassi di interesse, necessari per bloccare la fuga di capitali in Germania, ebbero un effetto drammatico sul debito pubblico. Questo crebbe ancora, dopo la follia del Divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia, deciso all'inizio degli Anni Ottanta. Era fatta, con l'Italia in ginocchio, ma era solo il primo tassello.
La
seconda rivincita tedesca avvenne con il Trattato di Maastricht, che entrò in vigore il 1° gennaio 1993: oltre alle famosa regola sul limite del 3% al deficit pubblico, c'erano due pillole avvelenate. La prima era il divieto di qualsiasi sostegno delle Banche centrali agli Stati, e la seconda era il divieto di aiuti di Stato alle imprese. La Germania estese a tutta l'Europa la costituzione monetaria che le era stata imposta dalle Forze Alleate dopo la Guerra.
Per l'Italia, che aveva le grandi imprese concentrate nelle Partecipazioni Statali, fu un massacro: i Fondi di dotazione con cui venivano rimpolpati ogni anni i loro capitali, servivano per fronteggiare i maggiori oneri per interessi e per procedere allo sviluppo degli investimenti. Inutile ricordare che mentre in Italia
il Fascismo lasciò fallire le imprese private colpite dall'onda di recessione che seguì la crisi finanziaria americana del '29, portando poi alla nazionalizzazione di quello che ne rimaneva,
il Nazismo supportò in ogni modo il capitalismo industriale e finanziario privato tedesco. Nessuna impresa o banca tedesca fu lasciata fallire dal Fuhrer, che in ogni modo sostenne l'occupazione dopo le follie recessive decise dal Cancelliere Bruning, che portarono la disoccupazione tedesca ad oltre 4 milioni di unità.
La conseguenza del Trattato di Maastricht, per l'Italia, fu lo smantellamento dell'industria e delle banche pubbliche. Il
Patto Andreatta Van Miert, l'allora Commissario europeo alla concorrenza, fu una lapide.
Tutto venne svenduto in malo modo, nel tripudio degli eredi della classe dirigente italiana che pensava di riprendersi tutto a mezzo secolo di distanza, per un tozzo di pane. Non avevano soldi né per comprare né per investire:
fu un massacro.
Guarda caso, nel Trattato di Maastricht la Germania fu esonerata dal divieto di aiuti di Stato per la ricostruzione dei Lander orientali: per noi, il danno e la beffa. I tedeschi utilizzarono la ex-Germania orientale come miniera di occupazione a basso costo.
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