Due pesi e due misure dunque: l’Italia al 2,04% viene bocciata, mentre alla Francia si lascia correre lo sforamento del 3%.
La ragione c’è, ed è sempre politica: Emmanuel Macron si è impegnato ad introdurre tutte le riforme che i precedenti governi francesi non si erano mai impegnati ad approvare, e sta fronteggiando un momento difficile dal punto di vista del consenso popolare. Tra l'altro, le sue proposte in materia di aumento dei salari e di defiscalizzazione degli straordinari sono pressoché identiche alle decisioni introdotte in Italia da Matteo Renzi quando era Presidente del Consiglio e da Maurizio Sacconi quando era Ministro del Welfare nell'ultimo governo Berlusconi. Anche allora non ci fu alcuna obiezione da parte della Commissione europea, perché sono comunque misure pro-business in quanto riducevano il cuneo fiscale.
Ben diversa è la decisione appena annunciata dal governo spagnolo, di aumentare del 30% il salario minimo obbligando le imprese ad accollarsi la spesa che ne consegue. I rappresentanti delle imprese, che non erano stati interpellati, hanno espresso il loro netto dissenso: la decisione porterà le imprese a licenziare e ad assumere in nero. Siccome nel frattempo Madrid non ha fatto aumentare il deficit di bilancio, ma anzi ha deciso di aumentare le aliquote di imposta sugli scaglioni di reddito più elevato e la percentuale del prelievo sui patrimoni superiori a 10 milioni di euro, la Commissione europea non è intervenuta. Tra l'altro, c’è l'impegno a revocare alcune misure di liberalizzazione del mercato del lavoro che furono introdotte negli anni passati: "le ferite dell'austerità devono essere rimarginate".
Si sta creando un pericoloso cortocircuito: alcuni governi, Italia prima ed ora la Francia, hanno cercato di recuperare competitività tenendo fermo il costo del lavoro ed aumentando il salario netto defiscalizzandolo; la Spagna ora fa marcia indietro sulla deflazione salariale, aumentando i costi per le imprese proprio mentre la congiuntura economica peggiora. Si riapre l'arbitraggio all'interno dei gruppi industriali che hanno siti produttivi in diversi Paesi, per spostare la produzione dall'uno all'altro.
I governi europei sono tutti in difficoltà: in Italia si vogliono mantenere le promesse elettorali; in Francia si deve fronteggiare la protesta sociale esplosa in modo inaspettato, in Spagna si vuole evitare che il consenso vada verso le nuove formazioni della destra euroscettica e sovranista.
Dopo dieci anni di crisi, di sacrifici, di austerità, di politiche monetarie eccezionalmente accomodanti, l'Europa si trova ancora più frammentata di prima. Aprire una procedura di infrazione contro l'Italia, per deficit e debito eccessivo, sarebbe un ennesimo errore. Assediare questo governo per farlo saltare e fare arrivare la Troika, sarebbe l'ultima follia di una pazza Europa.
Zerovirgola: assedio all'Italia?
(Foto: Lukasz Kobus - © Unione Europea)
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