Mentre la dinamica economica europea rallenta vistosamente, con la Germania che sta trascinando anche l'Italia verso il basso essendo le nostre imprese manifatturiere in larga parte fornitrici di quelle tedesche, continua il braccio di ferro tra il governo italiano e la Commissione europea, per via dello sforamento del deficit nel 2019, inizialmente quantificato nel 2,4% del PIL.
Apriti cielo: lettere durissime sono partite da Bruxelles, mentre il Commissario europeo Pierre Moscovici veniva a suonare tutte le campane dei centri del potere romano, dal Quirinale alla Banca d'Italia, per chiedere di esercitare una forte pressione sul governo. Nel frattempo, ci pensavano le Agenzie di rating a mettere le ali allo spread, con giudizi preoccupati sulla tenuta dei nostri conti.
Fin qui, tutto come da previsioni.
La moral suasion della Commissione ha fatto breccia, ma solo in apparenza: dal 2,4% si è arrivati al 2,04%: ma solo per una rimodulazione dei tempi per la messa a regime della manovra pensionistica ed una diversa quantificazione dei beneficiari del tanto sbandierato reddito di cittadinanza.
E' su questi contenuti che si è aperto il vero conflitto con Bruxelles: a Roma si mette in pratica una strategia che rimette completamente in discussione tutto quello che è stato fatto in questi anni, dall'allungamento della vita lavorativa alle riduzione delle garanzie sociali per far abbassare il costo del lavoro.
La prova provata che questo è il nodo politico è venuta dalla Francia. Per fronteggiare le proteste dei Gilet Jaune, lunedì scorso il Presidente Emmanuel Macron ha annunciato un aumento di 100 euro mensili dei salari minimi, con la corrispondente defiscalizzazione del salario lordo. In pratica, il costo del lavoro non aumenta, ma si riducono le entrate fiscali. Ci sono poi la riduzione dei contributi sulle pensioni fino a 2000 euro e la detassazione completa dei compensi per le ore di straordinario e dei futuri premi di fine esercizio che le imprese elargiranno ai dipendenti. In pratica, il costo di queste iniziative oscilla tra gli 8 e gli 11 miliardi di euro, portando il deficit di Parigi oltre la soglia del 3%.
Pierre Moscovici, intervenendo immediatamente, ha affermato che non si aprirà una procedura di infrazione, visto che si tratta di uno sforamento "limitato, temporaneo ed eccezionale". Per le valutazioni più approfondite, se ne parlerà a primavera.
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