Ha una missione storica, Papa Francesco.
Ancora una volta, come fu per Giovanni Paolo II, che lottò per la sconfitta del Comunismo e consacrare finalmente la Russia al Cuore immacolato della Madonna, esaudendo la richiesta di Fatima. Erano regimi che negavano la libertà di religione, considerando l'uomo e la sua storia solo dal punto di vista del materialismo e della lotta di classe. Ma, come già aveva ricordato Giovanni Paolo II nella Enciclica Centesimus Annus, la caduta del Comunismo non rende il Capitalismo l'unica forma possibile di organizzazione sociale.
Ora, che si combatte questa sorta di Terza guerra mondiale a pezzi, come l'ha definita papa Francesco, ci sono Stati che strumentalizzano la religione musulmana per espandere la propria area di influenza, mentre gli estremisti massacrano senza pietà i cristiani solo perché tali.
C'è una situazione di conflitto violento e sanguinoso sul terreno, una vera e propria guerra guerreggiata che si sbriciola in un'innumerevole varietà di fronti e di antagonisti. Ma non è altro che un meccanismo esteriore attraverso cui si riproduce quella forma spregiudicata ed altrettanto materialistica del potere, di volta in volta declinato come politico, militare, economico e finanziario, che considera l'uomo esclusivamente come strumento e mezzo per la sua affermazione. Un potere che crea povertà e che si riproduce solo creando altri poveri, giovani ed anziani, tra tutte le popolazioni.
Se quella che si combatte è dunque una guerra mondiale per il dominio, ma all'interno del medesimo sistema di potere, occorre creare un fronte esterno, religioso, umano, che riunisca tutti coloro che si oppongono a questo conflitto.
Non è casuale, quindi, che Papa Francesco, già nella sua visita apostolica a novembre in Turchia, abbia sottolineato che “occorre portare avanti con pazienza l'impegno di costruire una pace solida, fondata sul rispetto dei fondamentali diritti e doveri legati alla dignità dell'uomo. Per questa strada si possono superare i pregiudizi e i falsi timori e si lascia invece spazio alla stima, all'incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di tutti.”
Per questo è “fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione –, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l'intesa. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell'amicizia, diventando un eloquente segno di pace.
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