(Teleborsa) - La
Corte di giustizia europea ha bocciato i
criteri stabiliti nel 2019 per l’erogazione del
reddito di cittadinanza dall'Italia. Secondo la Corte, infatti, non è giusto subordinare l’accesso dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo a una misura riguardante le prestazioni, l’assistenza o la protezione sociali al requisito di aver risieduto nel Paese per almeno dieci anni. Il requisito è stato definito come “
discriminazione indiretta“ nel rinvio a Lussemburgo del Tribunale di Napoli sul tema, e in base alla direttiva lo status di
soggiornante di lungo periodo prevede il soggiorno di 5 anni ininterrotti per la parità di trattamento.
La Corte ha poi precisato che allo Stato membro – l’Italia in questo caso – è anche vietato sanzionare penalmente una
falsa dichiarazione riguardante tale requisito illegale di residenza.
La Corte di giustizia europea era stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un’accusa rivolta a
due cittadine di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo in Italia di aver commesso un reato firmando
domande per ottenere il reddito di cittadinanza, prestazione sociale poi abolita il primo gennaio 2024. Le due avrebbero falsamente attestato di soddisfare i requisiti, compreso quello relativo alla residenza per almeno dieci anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo continuativo, percependo indebitamente rispettivamente 3.414 e 3.187 euro. Per questa ragione il
Tribunale di Napoli aveva chiesto alla Corte di giustizia se tale requisito di residenza sia conforme alla direttiva sui cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.
La Corte di giustizia Ue ha quindi spiegato che “il
requisito di residenza” in questione per l’ottenimento del reddito di cittadinanza “costituisce una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo” perché, “anche se tale requisito si applica anche ai cittadini nazionali, esso interessa principalmente i cittadini stranieri, tra i quali figurano in particolare tali cittadini di Paesi terzi”. La Corte ha quindi sottolineato che, “affinché un cittadino di un paese terzo possa ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo”, è previsto “un requisito di soggiorno legale e ininterrotto di
5 anni nel territorio di uno Stato membro”, che il legislatore Ue ritiene un “periodo sufficiente per avere diritto alla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro, in particolare per quanto riguarda le misure riguardanti le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale”.
Sulla questione sarà chiamata a pronunciarsi anche la
Corte Costituzionale italiana, che per farlo attendeva il pronunciamento della Corte di giustizia europea. Se la Consulta dovesse pronunciarsi in maniera analoga, la spesa massima teorica – tenendo conto delle domande respinte – sarebbe 850 milioni. È quanto si ricava da un documento interno dell’Inps preparato in vista della sentenza.