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Confindustria rivede PIL 2024 a +0,8% dopo previsioni Istat

Rallentano gli investimenti ed il settore auto rappresenta un grave rischio per il bel Paese

Economia
Confindustria rivede PIL 2024 a +0,8% dopo previsioni Istat
(Teleborsa) - L'Europa sta crescendo più lentamente di altre economie dallo scoppio della pandemia, ma anche gli USA e la Cina stanno rallentando dell'ultimo anno, sebbene lo scenario sia quello di un "soft landing", un leggero rallentamento, più che una vera e propria fase di crisi delle due grandi economie. In questo quadro l'Italia si difende, anche se restano numerose criticità e problemi strutturali. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto economico del Centro Studi di Confindustria, che rivede al ribasso la crescita del PIL tricolore per quest'anno.

Il PIL mondiale si manterrà in moderata espansione, decelerando di poco nel 2025. Per gli USA si ipotizza un decelerazione dal +2,5% del 2023 al +2,3% nel 2024, al +1,5% nel 2025. La dinamica degli emergenti è rivista poco al rialzo nel 2024 (al 4,3%) ma a causa di Cina e India, la dinamica è in leggero rallentamento dal 2023 (4,4%). Il PIL dell'Eurozona si posiziona su uno "zero virgola", passando dallo 0,5% dle 2023 allo 0,7% del 2024 e solo nel 2025 si porterà all'1%.

Resta ampio il gap di crescita dell’Eurozona rispetto agli altri due grandi player mondiali: dal pre-pandemia (fine 2019) alla metà del 2024 il PIL dell’Area Euro è aumentato solo del +3,9% rispetto al +10,7% degli Stati Uniti e al +22,8% della Cina. L’Europa, infatti, è alle prese con il forte calo degli investimenti e il rallentamento dei consumi delle famiglie, entrambi legati agli alti tassi di interesse.

Il commercio mondiale di beni è tornato in espansione nei primi sette mesi del 2024, dopo la battuta d’arresto nel 2023, ed è atteso consolidarsi sino a recuperare i ritmi pre-pandemia, grazie a una domanda più robusta alimentata dal rientro dell’inflazione, che sostiene consumi e investimenti. L’andamento della domanda globale è trainato dagli acquisti all’estero degli Stati Uniti (primo paese importatore mondiale) e dalle vendite della Cina (primo esportatore mondiale). Continuano i segnali di decoupling (scambi inconcrociati) fra USA e Cina.

Quanto all'economia italiana, la crescita rallenta a seguito della revisione Istat. Le previsioni CSC sono riviste al ribasso, rispettivamente di 1 e 2 decimi di punto all’anno, indicando un PIL in crescita del +0,8% nel 2024 e del +0,9% nel 2025. Un ritmo, comunque, più alto di quello registrato dall’Italia, in media, nei decenni pre-pandemia. Diversi fattori influiranno positivamente nel biennio: la ripresa del commercio internazionale, l’allentamento della politica monetaria, il rafforzamento della crescita dell’Area euro, sostanzialmente in linea con quello previsto per l’economia italiana, il miglioramento del reddito disponibile reale delle famiglie per via dell’ulteriore espansione occupazionale, del rientro dell’inflazione e del progressivo recupero dei salari reali; l’implementazione del PNRR (9,5 i miliardi spesi finora quest’anno sui 42,2 programmati). Agiranno in senso contrario, la persistente fragilità dell’economia tedesca, primo mercato di sbocco dell’export italiano (-5,4% l’export italiano nei primi sette mesi del 2024); le tensioni globali e il venir meno degli incentivi all’edilizia.

La produzione industriale nel 2023 è diminuita del 2,4% e, nei primi otto mesi del 2024, di un’ulteriore 3,2% (rispetto ai mesi corrispondenti del 2023). Nel 3° trimestre rimane negativa, con una riduzione dello 0,5% acquisita ad agosto. Giù gli investimenti che si fermano quest’anno (+0,5%) e scenderanno l’anno prossimo (-1,3%), dopo la robusta crescita degli anni scorsi (+21,5% nel 2021, +7,5% nel 2022 e +8,5% nel 2023). Reddito disponibile in risalita ma consumi frenati dalla ricostituzione del risparmio speso negli anni scorsi. La spesa delle famiglie per beni e servizi è tornata sui livelli pre-Covid grazie all‘ottima crescita registrata nel 2023 (+1,0% in media d’anno). Nella prima metà del 2024 è cresciuta ancora anche se in misura molto limitata (in media, +0,2% a trimestre). Sta risalendo lentamente anche la spesa per i beni, diminuita lo scorso anno (-1,3% in media). Il reddito disponibile delle famiglie in termini reali ha registrato un lieve calo nel 2023 (-0,2% annuo) ed è cresciuto nella prima metà del 2024 (+2,2% acquisito al 2° trimestre) grazie al protrarsi dell’espansione dell’occupazione, al rafforzamento della dinamica salariale e alla moderata inflazione.

Il crollo del settore dell’auto, tornato circa al livello di produzione di inizio 2013, data la sua rilevanza, mette a rischio la crescita italiana sia di breve che di medio-lungo periodo: -26,1% la produzione a luglio 2024 rispetto a luglio 2023 contro il -3,8% della produzione industriale totale; nel comparto autoveicoli propriamente detti il calo è ancora più profondo (-34,7%). Il fenomeno, seppur legato alla debolezza della domanda, non è solo congiunturale (è aumentato, sebbene di poco, l’import di autoveicoli in Italia del +2,0% tendenziale).

La dinamica annua dei prezzi al consumo in Italia (0,7% annuo a settembre, al +1,1% nel 2024) è la più bassa tra le principali economie europee (+1,7% nell'Eurozona) e si mantiene molto sotto l’obiettivo BCE del +2%. Per questa ragione, in Italia i tassi di interesse ancora alti risultano più restrittivi che altrove in termini reali. Nel 2025, l’inflazione in Italia è attesa risalire in parte, tendendo ad avvicinarsi ai valori della misura core, cioè poco sotto il +2,0%.

I nodi della competitività. Nei prossimi anni diversi fattori mettono a rischio la crescita del Paese: il declino demografico accrescerà la carenza di lavoratori, che già oggi è un problema, e fattori quali la scarsa mobilità interna, la fuga di cervelli, la carenza di lavoratori extra-UE tendono ad accrescere il problema.

I prezzi del gas e dell’elettricità sono ancora più alti in Italia, sia rispetto agli altri grandi paesi europei come Francia e Germania, sia rispetto agli Stati Uniti penalizzando la competitività delle imprese rispetto ai principali partner occidentali. Oltre agli interventi già avviati, un utile contributo potrà venire dalla riforma del mercato elettrico, per separare il prezzo dell’elettricità da quello del gas, così come, nel lungo periodo, dallo sviluppo del nucleare.
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