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Fisco, Istat: con riforma dell'IRES effetti di cassa negativi sulle imprese

Introduzione della deduzione del costo del lavoro per incremento occupazionale interesserà solo il 5,6% delle aziende.

Economia
Fisco, Istat: con riforma dell'IRES effetti di cassa negativi sulle imprese
(Teleborsa) - Le misure fiscali indicate nel Decreto legislativo (n. 216/2023), relativo alla riforma dell’IRES e delle altre imposte sui redditi, avrebbero nel complesso effetti di cassa negativi sulle imprese, con una maggiorazione del prelievo IRES che raggiungerebbe il 10,2% nel 2024. Il prelievo aumenta in misura più elevata per le imprese appartenenti agli altri servizi (15,6%) e per quelle che, secondo un indicatore di sostenibilità economica e finanziaria, risultano “a rischio” e “fortemente a rischio” (oltre 20%). È quanto emerge da un report pubblicato dall'Istat relativo agli effetti dei provvedimenti fiscali sulle imprese

Secondo la simulazione dell'Istituto di statistica, l’introduzione della deduzione del costo del lavoro per incremento occupazionale interesserà solo il 5,6% delle imprese, mentre il 25,3% delle imprese risulterà svantaggiato dalla soppressione dell’ACE, attraverso la eliminazione della deducibilità della remunerazione figurativa del capitale proprio (nuove azioni e autofinanziamento).

I cambiamenti normativi qui analizzati determinano nel 2024 un’aliquota effettiva mediana del prelievo ai fini IRES sui redditi delle imprese - in aumento di un quarto di punto rispetto alla normativa previgente - pari al 19%, un valore ben al di sotto dell’aliquota legale (24%). Le imprese che non potranno più beneficiare della deduzione ACE subiranno un aumento dell’aliquota effettiva IRES pari ad un punto percentuale, mentre l’insieme delle imprese che non hanno goduto dell’ACE conseguiranno una riduzione dell’aliquota effettiva pari a 0,8 punti percentuali. Considerando anche la componente IRAP gravante sui redditi di impresa, l’aliquota effettiva mediana raggiunge il 24%.

Gli indicatori del carico d’imposta sui fattori produttivi evidenziano come l’abrogazione dell’ACE rende il ricorso al capitale proprio più oneroso rispetto al capitale di terzi (+2,5 punti percentuali), indirizzando maggiormente le scelte di finanziamento delle imprese verso l’indebitamento piuttosto che verso una loro maggiore patrimonializzazione, mentre la maggiorazione del costo del lavoro in deduzione in presenza di assunzioni riduce il cuneo d’imposta sul lavoro per il datore dello 0,9% (-1,3% per le categorie svantaggiate), relativamente alle assunzioni a tempo indeterminato.

A partire da settembre 2024, dopo l’entrata in vigore della nuova politica di coesione, il carico fiscale totale che i datori di lavoro dovranno sostenere per l’assunzione di donne sarà inferiore rispetto al 2023. Al contrario, il beneficio fiscale per l’assunzione di giovani sarà nel 2024 inferiore rispetto al 2023. Per l’assunzione di dipendenti nelle regioni del Mezzogiorno, la riduzione del carico fiscale complessivo per il datore di lavoro sarà maggiore rispetto al 2023, ma solo per le imprese fino a 10 dipendenti.

Il meccanismo incrementale dell’ACE garantiva un abbattimento crescente nel tempo del carico fiscale. In termini del contributo al gettito IRES, le imprese che più hanno beneficiato della detassazione degli incrementi del capitale proprio sono quelle innovative, sia della manifattura sia dei servizi, le imprese di minore dimensione (con fatturato fino a 2 milioni di euro), e le imprese “a rischio”.

Nei primi 10 anni di applicazione dell’ACE (2011-2021), la mobilità delle imprese verso livelli più elevati di sostenibilità economico-finanziaria è più evidente tra le imprese beneficiarie dell’ACE rispetto a quelle non beneficiarie.
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