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Pensioni: trentenni al lavoro fino a 70 anni. Anief chiede deroghe

Economia, Scuola
Pensioni: trentenni al lavoro fino a 70 anni. Anief chiede deroghe
(Teleborsa) - L’Inps conferma le previsioni dell’Anief: un 30enne che inizia a lavorare oggi lascerà il servizio a quasi 70 anni. Dalle previsioni, che emergono consultando le proiezioni del nuovo simulatore Inps "Pensami - Pensione a misura" messo a disposizione di tutti sul sito web dell’istituto di previdenza, si evince anche che nel caso il lavoratore non abbia versato 20 anni di contributi e maturato un assegno almeno tre volte l’importo mensile di quello sociale del 2024, pari a 1.603,23 euro, l’uscita dal lavoro si concretizzerà addirittura a 74 anni di età.

Le simulazioni - si legge nella nota - danno risultati a dir poco sconfortanti: un giovane "nato nel 1994", scrive oggi Open, e che "ha cominciato a lavorare all’inizio del 2022 e ha almeno 20 anni di contributi andrà in pensione di vecchiaia con 69 anni e 10 mesi di età. L’Inps in un messaggio spiega che l’aggiornamento è stato fatto in virtù degli adeguamenti agli incrementi alla speranza di vita, in base allo scenario demografico Istat mediano (base 2022) relativo alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario elaborato dalla Ragioneria Generale dello Stato e pubblicato a dicembre 2023 sul sito istituzionale del Mef".

Il sindacato Anief ha da tempo denunciato che il ritorno alla "piena" Legge Fornero senza derogherappresenta solo l’inizio del pensionamento coatto generalizzato che porterà tutti i dipendenti al pensionamento alle soglie dei 70 anni: l’organizzazione autonoma continua a reputare inaccettabile tutto questo, ma soprattutto la mancata considerazione per chi lavora nella scuola, dove il rischio burnout, per insegnare e stare a contatto con gli alunni, risulta tra i più alti in assoluto a livello di pubblica amministrazione. A questo proposito, l'Anief si è rivolto alla Commissione Lavori gravosi per questi motivi, anche per l’allargamento dell’Ape Sociale a tutti i dipendenti della scuola, proprio per l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni pure dell’amministrazione pubblica. E non possono essere nemmeno più accettate formule a perdere, come Opzione donna che comporta riduzioni del 30-40% dell’assegno di quiescenza.

"Insegnare a scuola fino a quasi 70 anni – torna a dire Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - non è come fare il dipendente ad esempio in un ufficio pubblico. La didattica frontale non dovrebbe essere più obbligatoria dopo una certa età. Siamo un Paese in cui più del 40% delle persone è over 60 e che ha la classe docente più vecchia al mondo". In media "si entra in ruolo sui 45-46 anni" dopo un lungo precariato "e poi si va in pensione dopo quasi 43 anni di lavoro. Per chi lavora a scuola va riconosciuto il burnout, ma anche una specifica finestra per il pensionamento che porti ad andare in pensione a 62-63 anni senza penalizzazioni e col riscatto gratuito degli anni di formazione universitaria, sia laurea che specializzazione".

Il sindacato torna a ribadire il concetto: per i dipendenti che operano nella scuola, insegnanti e personale Ata, deve essere prevista una ‘finestra’ con il riscatto gratuito della formazione universitaria e senza più tagli all’assegno pensionistico includendo la professione tra quelle oggettivamente logoranti che derogano alla Legge Fornero. La conversione gratuita in contributi degli anni universitari è stata chiesta più volte anche dall’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico: per l’Anief basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di pensione.
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