(Teleborsa) - "Se si è d'accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l'italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l'arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell'apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate". Sono le parole usate dal ministro dell'Istruzione
Giuseppe Valditara alcune settimane sui suoi canali social per indicare alcuni obiettivi del governo in tema di
scuola.
"A mio giudizio, ai censori della frase scritta o dettata dal Ministro è sfuggito che il periodo in questione non è sbagliato, anche se dà luogo a una frase piuttosto complessa – ha commentato il Prof.
Claudio Marazzini, Presidente onorario dell'Accademia della Crusca e Professore emerito nell'Università del Piemonte Orientale –. La critica all’uso dei verbi qui presenti deriva da un’interpretazione lineare, la seguente: nella serie ipotetica se sarà, se studieranno, se saranno coinvolti, se non vivranno, è estraneo e anomalo il congiuntivo si insegni. Tuttavia il “se si insegni” può avere un preciso valore: esprime uno stato di maggiore eventualità rispetto al contesto, come una sorta di desiderio; vale “qualora si insegni, come io spero”, “nel caso in cui nelle scuole si insegni, come mi auguro”. È dunque interpretabile come un congiuntivo ottativo, in riferimento a un’eventualità auspicata dallo scrivente, possibile e realizzabile, ma che lo scrivente stesso teme che possa non verificarsi, e in quel caso ci saranno effetti negativi sulle altre ipotesi formulate con il futuro. In questo senso, il congiuntivo è accettabile, per quanto piuttosto ricercato, anche se – come si diceva - si discosta dalla serie degli altri verbi al futuro, attivi e passivi", ha aggiunto.
"Complessivamente potrei osservare che un testo del genere ha suscitato polemiche perché la
comunicazione sui
social, attraverso slogan, richiede di preferenza una sintassi elementare. La sintassi del messaggio, piuttosto elaborata, era dunque in questo caso fuori contesto. Questo è il difetto maggiore che si può attribuire allo scrivente: non la violazione della
grammatica, ma la violazione delle consuetudini comunicative richieste dall’ambiente social in cui si svolgeva la comunicazione", ha concluso il professore.