(Teleborsa) - La
domanda di rating ESG (Environmental, Social and Governance) è
in continua crescita, guidata dalla natura mutevole dei rischi per le aziende, dalla crescente consapevolezza degli investitori delle implicazioni finanziarie di tali rischi e dalla crescita dei prodotti di investimento che mirano esplicitamente a soddisfare o raggiungere determinati standard di sostenibilità. Inoltre, stanno cambiando anche le strategie applicate dagli investitori, che sempre più passano dallo screening negativo (esclusione di certi asset) all'integrazione degli aspetti ESG nelle loro strategie.
Tuttavia, il
mercato del rating ESG "
manca attualmente di trasparenza",
ha affermato nei giorni scorsi la Commissione europea, proponendo un regolamento che migliori l'affidabilità e la trasparenza delle attività degli operatori. L'esecutivo UE si è posto due obiettivi specifici per aumentare l'integrità delle operazioni delle agenzie di rating ESG:
maggiore chiarezza sulle caratteristiche dei rating ESG (cosa significano e quali obiettivi perseguono), le metodologie e le fonti di dati o le stime utilizzate per ottenere i rating;
maggiore chiarezza sulle operazioni dei fornitori di rating ESG, nonché garantire la prevenzione e la mitigazione dei rischi di conflitti di interesse.
L'
intervento della Commissione UE era atteso dagli operatori del mercato, visto il boom degli ultimi anni, e le intenzioni sono giudicate positivamente. "Ce l'aspettavamo e siamo molto soddisfatti perché tratta temi che - anche a livello di letteratura scientifica - pochi trattavano, come quello dell'indipendenza e del tipo di clienti, mentre tanto era stato scritto sul fatto che gli scoring fossero diversi tra loro, che è una ovvietà", dice a Teleborsa
Jacopo Schettini Gherardini, CEO e Direttore Ufficio Ricerca di
Standard Ethics. "La Commissione ha fatto un passo avanti, sottolineando che i fornitori di rating ESG sono tanti e diversi - anche in base alla clientela e alla metodologia - ma affermando che va evitata la consulenza, vanno chiarite indipendenza e metodologia, e creato un albo", aggiunge.
Nel corposo documento che accompagna le proposte normative, l'istituzione UE offre anche una lettura approfondita del settore, sottolineando che i
rating ESG non costituiscono un gruppo omogeneo, ma differiscono per cosa valutano (ESG aggregato, solo singole E, S o G, o anche indicatori specifici all'interno di ogni lettera), da quale prospettiva valutano (solo rischi per l'azienda, double materiality, solo impatti, rispetto dei principi internazionali ), e come effettuano una valutazione (migliore della classe o in termini assoluti, valutazione quantitativa o qualitativa). Inoltre, i fornitori di rating ESG hanno anche
diversi modelli di business (grandi fornitori a scopo di lucro come MSCI e S&P, fornitori boutique come Carbon4Finance o fornitori senza scopo di lucro come CDP) e modelli di reddito (user-pay (investors) model, company-pay model, modello misto o finanziamento pubblico).
In generale, secondo la Commissione, si possono suddividere i rating ESG in
4 categorie, a seconda del loro
scopo: valutazione del rischio (prospettiva finanziaria, es. MSCI), valutazione degli impatti (es. Carbon4Finance), valutazione della conformità a principi e linee guida internazionali (es. Standard Ethics), valutazione dei rischi di sostenibilità della catena di fornitura (non utilizzata per finalità di investimento diretto, es. EcoVadis).
Anche il
processo di valutazione è diverso; da un lato ci sono fornitori che utilizzano valutazioni quantitative completamente automatizzate basate su KPI e dati senza il coinvolgimento dell'analista (molto spesso indicato come scoring); ma ci sono invece provider i cui processi di rating sono simili a quelli del processo di rating del credito, ovvero basati sull'analisi di informazioni sia quantitative che qualitative, con il coinvolgimento dei comitati analisti e rating.
"Sono dell'idea che si debba lasciare libera ogni agenzia di adottare la metodologia più opportuna, rendendola appunto comprensibile e trasparente - dice a Teleborsa
Giancarlo Giudici, professore di Corporate Finance presso la
School of Management del Politecnico di Milano - Ogni analista esprime sensibilità diverse, che non sono sempre "contabilizzabili"; pensiamo ad esempio ai KPI in ambito sociale, che spesso sono qualitativi e non quantitativi e dipendono dal giudizio soggettivo di chi li osserva. La
diversità nelle valutazioni è una ricchezza, ma dobbiamo dare gli strumenti al mercato per poter apprezzare le differenze fra le diverse valutazioni".
Su questo aspetto la Commissione è stata molto chiara:
la proposta non intende armonizzare le metodologie utilizzate per la creazione dei rating ESG, ma aumentarne la trasparenza. I fornitori di rating ESG manterranno infatti "il pieno controllo" delle metodologie che utilizzano e continueranno a essere indipendenti nella loro scelta, per garantire che nel mercato dei rating ESG sia "disponibile una varietà di approcci".
Le agenzie di rating ESG che offrono servizi agli investitori e alle imprese dell'UE dovranno però essere
autorizzate e controllate dall'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (
ESMA), così da garantire la qualità e l'affidabilità dei loro servizi a tutela degli investitori e dell'integrità del mercato. L'ESMA ha stimato che il numero di fornitori di rating ESG (che offrono rating a pagamento per gli abbonati o per gli emittenti) operanti nell'UE è di 59, composto da pochi grandi fornitori (principalmente non UE) e da un gran numero di entità più piccole (principalmente UE).
In sostanza, l'UE non intende mettere bocca sulle specificità di ogni rating, ma creare condizioni migliori per il funzionamento del mercato. "Per garantire obiettività, indipendenza e qualità, in un contesto di libero mercato, è
opportuno introdurre procedure e vincoli organizzativi - afferma Giudici - Basterebbe adottare gli stessi accorgimenti utilizzati nel mondo del rating sul rischio di insolvenza, ad esempio separando la funzione commerciale da quella degli analisti (cosiddetti chinese wall) e chiedendo che ci sia una
struttura interna adeguata, con competenze ed esperienze documentate. Inoltre, ogni possibile conflitto di interesse dovrebbe essere evidenziato. Nel caso specifico dei rating ESG, dovrebbe essere obbligatorio fornire un syllabus che spiega i criteri adottati dagli analisti".
Molti di questi aspetti sono compresi nella proposta di regolamento della Commissione, che dovrà essere ora discussa con il Parlamento europeo e il Consiglio. Come si legge nel testo, i fornitori di rating ESG devono rendere pubblici sul loro sito web le metodologie, i modelli e le principali ipotesi di rating che utilizzano nelle loro attività; devono utilizzare metodologie di rating rigorose, sistematiche, obiettive e suscettibili di convalida e applicarle in modo continuativo;
non devono fornire alcune attività: attività di consulenza a investitori o imprese; emissione e vendita di rating del credito; sviluppo di parametri di riferimento; attività di investimento; attività di audit; attività bancarie, assicurative o riassicurative.
Quest'ultimo aspetto è molto importante, secondo Schettini Gherardini: "Il
lavoro di un'agenzia di rating non dovrebbe avere aspetti consulenziali, in cui cioè rilascia un giudizio a un investitore sulla base di parametri che lui fornisce, ma dovrebbe avere come cliente l'emittente e dovrebbe avere un regolamento interno immodificabile, in modo che tutti i clienti sappiano che verranno giudicati secondo lo stesso criterio e non secondo le mode e le tendenze degli investitori".
La proposta della Commissione prevede anche una
serie di misure specifiche per i
fornitori di rating ESG più piccoli per garantire che le norme siano proporzionate. Tali misure dovrebbero includere la possibilità per l'ESMA di esentare i fornitori di rating ESG più piccoli da una serie di requisiti organizzativi qualora soddisfino determinati criteri.
"Alla fine sarà il mercato a decidere quali approcci analitici sono più adatti alle esigenze degli investitori - commenta a Teleborsa
Dierk Brandenburg, Head of ESG and credit research presso
Scope Ratings - Pertanto, è molto importante che il regolamento consenta un'introduzione graduale più lunga dei regolamenti per i fornitori di medie dimensioni per
garantire una concorrenza sufficiente nel mercato dei rating ESG".
Secondo l'esperto, l'iniziativa dell'UE per regolamentare i fornitori di rating ESG contribuisce in qualche modo a ripristinare la fiducia nella parte del sistema che ha l'impatto più visibile sull'allocazione del capitale. Tuttavia, come con le normative esistenti in materia di rating del credito, l'UE può solo imporre il processo e la trasparenza corretti, che
non risolvono le sfide analitiche poste dalle valutazioni ESG, compreso il rischio climatico.
"In primo luogo, ci aspetteremmo che l'attenzione si concentri su risorse adeguate per i fornitori ESG - afferma Brandenburg - Poiché seguono principalmente un modello investor-pay, i potenziali conflitti di interesse derivano più probabilmente dall'allocazione di risorse interne all'interno di gruppi finanziari più grandi o da servizi di consulenza accessori. In secondo luogo, data la natura intrinsecamente soggettiva delle valutazioni ESG non finanziarie e il quadro informativo ancora frammentario, è
discutibile se l'obiettività sia realizzabile o addirittura desiderabile".
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