(Teleborsa) - Una fase di
cambiamenti radicali, alimentati anche dalla
transizione digitale e dalle esigenze sul fronte della
sostenibilità e dell’
innovazione, continua a incidere su un mercato del lavoro che, ormai da anni in attesa di riforme abilitanti, resta dominato da un’asimmetria tra offerta e domanda che riguarda le figure professionali più disparate: dai lavoratori del turismo e della ristorazione - tradizionali eccellenze italiane - fino ai laureati in materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche indispensabili per segmenti produttivi a più alta intensità tecnologica.
Una considerazione confermata dai numeri - nel 2022, 6 imprese su 10 avevano in programma nuove assunzioni ma il 41% ha avuto difficoltà nel reperimento (dati UnionCamere) - che “necessita di rendere sempre più interconnessi istruzione, formazione e lavoro, accompagnati dal concetto di orientamento - sottolinea nella sua introduzione il Segretario Generale di FederTerziario,
Alessandro Franco -, per costruire dei percorsi che mettano assieme capacità individuali e acquisizione di competenze indirizzate verso reali opportunità occupazionali”.
Temi al centro dell’ormai trentennale attività di FederTerziario e dell’evento di oggi, 18 maggio,
“Istruzione e Formazione leve strategiche per il mercato del lavoro” organizzato dall’organismo datoriale all’Associazione Civita in Piazza Venezia a
Roma e moderato dalla giornalista Sara Garino che, nel corso delle tre sessioni della mattinata, ha fatto emergere analisi e prospettive in un confronto che ha visto intervenire i vertici nazionali della formazione e dell’istruzione, le parti sociali e il mondo della politica.
“Dopo il decreto lavoro del primo maggio è fondamentale parlare di istruzione e formazione perché cresce l’occupazione, anche il tempo indeterminato, ma le aziende faticano a trovare il personale, da qui a luglio un milione di posti di lavoro che non hanno risposta”. Le parole di
Massimo Temussi, presidente Anpal Servizi, legano i temi portanti dell’evento, dando numeri e sostanza del paradosso tutto italiano di imprese alla ricerca di lavoratori con qualifiche adeguate che si traduce in un “sistema - spiega
Nicola Patrizi, presidente FederTerziario - che non riesce a produrre lavoratori con competenze in un contesto con forti transizioni dove diventano fondamentali le capacità di adattamento”.
Nel 2022, la domanda di
laureati ha superato le 780 mila unità (dato excelsior), ovvero oltre il 15% del totale dei contratti che le imprese intendevano stipulare. Il 47% di questi
profili risulta difficile da trovare, richiedendo alle imprese una ricerca di almeno 4-5 mesi. “La difficoltà di trovare laureati da parte delle
imprese - aggiunge il presidente - è persino superiore al già elevato dato medio riferito a tutte le entrate programmate, il mismatch ha superato la quota del 40% delle
entrate complessive, con 8 punti percentuali in più rispetto al 2021 e 14 punti percentuali in più rispetto al 2019”.
Elementi di
criticità che si legano ad altri preoccupanti fattori come la
denatalità: le recenti proiezioni di Eurostat delineano per l’Italia un decremento di popolazione pari, da qui al 2100, a oltre 8,8 milioni di persone: in termini assoluti, il calo più consistente fra tutti i 27 Paesi dell’UE. Un ulteriore aspetto per puntare sul
sistema scuola: “La inevitabile riduzione del numero di giovani - evidenzia Gian Carlo Blangiardo, già presidente Istat - dovuta agli effetti del calo della natalità che stiamo vivendo, dovrà necessariamente venir compensata da una maggiore qualità del loro apporto specifico al sistema paese. Per questo la leva della formazione rappresenta la risposta più efficace, per dare valore ai percorsi individuali e garantire risorse alla collettività”.
Incoraggiare la propensione alla natalità significa innanzitutto innescare
politiche di crescita e sviluppo finalizzate a creare, nel medio-lungo termine, le condizioni strutturali ideali per legare il mondo della scuola e della
formazione a quello delle attività produttive. In questo senso FederTerziario ritiene, precisa il Segretario Generale
Alessandro Franco, che “l’Italia necessita di un importante investimento di risorse ed energie in un sistema di politiche attive del lavoro che coinvolga tutti i protagonisti del mondo produttivo e della filiera della formazione, utilizzando e mettendo a frutto le capacità, il know how e le competenze di ciascuno”. Le politiche attive devono essere costruite tramite un forte partenariato pubblico privato per premiare le progettualità che non disperdano le risorse dedicate alla formazione. Occorre, in altri termini, “cambiare il paradigma dell’istruzione e della formazione, perché la mancanza di lavoratori - aggiunge il presidente Temussi - si certifica sia nell’area dei lavori entry level del settore dell’edilizia, della logistica, della ristorazione, del turismo e dei servizi e anche nelle professioni digitali per l’assenza di lavoratori con
lauree STEM”. Un percorso che deve necessariamente mobilitare tutti i soggetti responsabili in un’attività di formazione e orientamento che sola ci potrà permettere di alzare il nostro tasso di occupazione, soprattutto quello femminile, la produttività e la qualità del nostro lavoro. “Dobbiamo intervenire - sottolinea
Francesco Verbaro, presidente
Formatemp - in ogni ambito della filiera formativa e rendere la formazione in grado di aiutare le persone a superare gli impatti delle tante transizioni che ci attendono in vite lavorative lunghe. FormaTemp per questo costituisce una buona pratica perché consente di accompagnare i lavoratori somministrati durante l’intero ciclo della loro attività lavorativa: dall’ingresso alla ricollocazione”.
Una
formazione adeguata è anche “un ottimo investimento per le imprese”. Lo precisa
Egidio Sangue, Vice Presidente di FondItalia, evidenziando che “in un mercato del lavoro in continuo mutamento, le compagnie che riconoscono l’importanza della formazione e dello sviluppo dei propri collaboratori sono quelle in grado di rimanere competitive”. A questo proposito incoraggiare la formazione, nell’ottica di
FondItalia, significa “investire sulle competenze, favorendone la valorizzazione e la messa in trasparenza, così da promuovere l’occupabilità dei lavoratori lungo tutto l’arco della vita personale e professionale e così fornire il proprio contributo alla ripresa economica e produttiva del Paese”.