(Teleborsa) - Nonostante l'ottimismo di Matteo Renzi,
l'economia italiana tornerà ai livelli pre-crisi solo nel 2020.
A smorzare l'entusiasmo mostrato ieri dal Premier in occasione di un primo bilancio di fine anno è la CGIA di Mestre, secondo la quale Renzi fa bene a trasmettere fiducia, tuttavia la situazione rimane ancora molto delicata. "Se nel prossimo futuro il PIL crescerà di almeno 2 punti ogni anno, il nostro Paese tornerà alla situazione pre-crisi solo nel 2020", rileva la Confederazione degli artigiani.
A quanto pare, però, il Presidente del Consiglio preferisce guardare a quanto fatto finora.
"Un anno fa il PIL dell’Italia aveva il segno meno per il terzo anno consecutivo (2012 -2,3%; 2013 -1,9; 2014 -0,4). Quest’anno abbiamo cambiato verso: segno più. Più 0,8%" scrive Renzi su una enews "riassunto e bilancio del 2015", citando poi gli effetti positivi del
Jobs Act sull'occupazione ("ancora alta, ma in discesa, finalmente") e sul conseguente boom di mutui (+94%).
Renzi ha poi ricordato il contestuale calo delle tasse e l'ottenimento della flessibilità che vale fino all’1% del PIL, per l’Italia oltre 16 miliardi di euro.
Ma nonostante questi traguardi la situazione economica resta difficile: "dall’inizio della crisi (2007) ad oggi, nel nostro Paese il PIL è sceso di oltre 8 punti, i consumi delle famiglie di 6,5 punti e gli investimenti quasi 27,5 punti percentuali. La disoccupazione, invece, è pressoché raddoppiata. Se nel 2007 ammontava al 6,1%, il dato medio del 2015 dovrebbe attestarsi al 12,1%" ricorda la CGIA, secondo la quale per ritrovare una crescita sostenuta di almeno il 2% all’anno è indispensabile far ripartire gli
investimenti, in particolar modo quelli pubblici che, purtroppo, rimangono
ancora molto fragili.
Tra il 2007 e il 2014 l’ammontare complessivo degli investimenti al netto dell’inflazione è sceso di ben 109,4 miliardi di euro. Nessun altro indicatore economico ha registrato una contrazione percentuale così ampia.