(Teleborsa) - Potrebbe scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora l’inchiesta della Procura di Arezzo sul
caso di Banca Etruria, uno dei quattro Istituto di credito salvati dal contestato
decreto salva-banche.
Per il momento i
filoni di inchiesta sono tre: due sono stati aperti nell'ultimo anno, mentre il terzo, aperto in queste settimane, privo di indagati e sollecitato dagli esposti delle associazioni dei consumatori, riguarderebbe più direttamente le vicende legate ai
risparmi persi dagli obbligazionisti.
Tra le varie
ipotesi di reato c'è l'
omessa comunicazione di conflitto di interessi. Il fatto risale al periodo 2013-2014 e si rifa alla relazione della Banca d'Italia del febbraio scorso che decise il commissariamento di Banca Etruria.
Secondo gli inquirenti l’ex Presidente
Lorenzo Rosi, l’ex membro del Consiglio di Amministrazione
Luciano Nataloni e altri esponenti avrebbero sfruttato la propria posizione per ottenere 185 milioni di euro di finanziamenti che, altrimenti, non avrebbero potuto ottenere. Finanziamenti che, tra l'altro, avrebbero provocato alla banca perdite per 18 milioni.
Nel periodo in esame alla vicepresidenza c'era Pier Luigi Boschi
che, tuttavia, non è nel registro degli indagati anche se questa vicenda sta costando cara alla figlia Maria Elena, Ministro dei Rapporti con il Parlamento.
Tra le altre ipotesi di reato vi sono quella di truffa nei confronti degli obbligazionisti, false fatture e ostacolo alla vigilanza