(Teleborsa) -
Non si placa la polemica alimentata dal decreto salva-banche, che ad appèena due settimane dall'approvazione
ha già fatto la prima vittima. Nel merito era entrato ieri il
capo della vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, affermando che le modalità con cui sono state salvate le quattro banche in difficoltà -
Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti - e la decisione di non far ricorso al Fondo Interbancario di Tutela dei depositi (Ftdi) è stata
condizionata dalla compatibilità degli strumenti con la normativa europea sugli aiuti di Stato alle banche.
Sulla questione è intervenuta anche la
Commissione europea, replicando che il problema non riguarda la normativa europea sugli aiuti di Stato, che lascia
liberi gli stati di scegliere quali strumenti usare per intervenire e
senza far ricorso ad "aiuti di Stato". "Se c'è l'aiuto pubblico, le regole richiedono in particolare che gli azionisti esistenti e i titolari di obbligazioni subordinate contribuiscano ai costi in linea con i principi di condivisione delle perdite e questo - sottolinea Bruxelles - punta a limitare le distorsioni alla concorrenza".
Lo stesso punto è stato ribadito dal
commissario europeo per i servizi finanziari Jonathan Hill, il quale ha sottolineato che il
"caso" sorto in Italia non ha a che vedere con la normativa europea, ma "
si collega a una questione più ampia sulla tutela dei consumatori e di come possiamo costruire un mercato più forte dei prodotti finanziari al dettaglio".
E proprio su quest'ultimo punto,
l'UE ha bacchettato l'Italia, assieme ad altri 9 Paesi, per
non aver applicato integralmente la normativa sui sistemi di garanzia dei depositi.