(Teleborsa) - Dopo oltre cinque anni di trattative e aspre polemiche, il
Trans-Pacific Partnership è a un passo dal diventare il più grande accordo commerciale di questa generazione, visto che riguarda il 40% dell'economia globale.
Stati Uniti,
Giappone e altre 10 Nazioni americane e dell'Asia Pacifico (ma
non la Cina) hanno infatti trovato la quadra sul dossier, meglio noto come
TPP (che ha come "gemello" il
Transatlantic Trade and Investment Partnership, o TTIP, tra Stati Uniti e Europa), sottoscrivendo un
sofferto via libera tra le delegazioni dei Paesi coinvolti, protratte oltre la scadenza fissata inizialmente.
L'accordo, tra le altre cose,
eliminerà gradualmente migliaia di dazi e altre barriere, stabilirà
norme uniformi in materia di proprietà intellettuale, aprirà i mercati agricoli di Canada e Giappone ed eliminerà lentamente, in circa venti o trent'anni, le tariffe di importazione delle auto giapponesi in Nord America.
Prevista anche la
diffusione di Internet in Vietnam e norme contro il traffico della fauna selvatica e abusi ambientali.
Il via libera al TPP è una
grande vittoria per il Presidente USA Barack Obama, che ha fatto di questo accordo una delle priorità del secondo mandato. Resta ora da sciogliere il
nodo Congresso, che dovrà approvare l'intesa, e quello rappresentato dai molti detrattori (c'è anche Donald Trump) decisi a contrastare il TPP fino alla fine.
Secondo gli economisti, tra gli scopi principali dell'accordo c'è quello di
limitare l'influenza economica della Cina e consentire a Washington e ai suoi alleati, un vero e proprio "blocco" nell'area dell'Asia-Pacifico, di definire gli standard commerciali nella zona.
L'ultimo grande accordo commerciale è stato siglato negli anni '90 e diede vita alla
World Trade Organisation.
I Paesi aderenti all'accordo sono: Stati Uniti, Canada, Messico, Perù, Cile, Giappone, Vietnam, Brunei, Malesia, Singapore, Australia e Nuova Zelanda.