(Teleborsa) - Il "super thursday" è finalmente arrivato, portando con se un nulla di fatto da parte della
Fed. Il più grande dilemma di questo 2015, ossia
se la Federal Reserve è pronta ad alzare o meno i tassi di interesse per la prima volta in nove anni, è stato dunque sciolto.
Il
FOMC (Federal Open Market Committee, braccio operativo della Fed) ha deciso infatti di lasciare invariato il costo del denaro al minimo storico, in prossimità dello zero, cioè allo 0,25%, prendendo ancora tempo a causa della
crisi dei Paesi emergenti e del rallentamento dell'economia mondiale.
Nelle ultime settimane si era scatenata la solita guerra tra "falchi" e "colombe", ossia tra gli esponenti della Fed favorevoli all'avvio immediato dell'
exit strategy, dunque al primo rialzo dei tassi di interesse dal 2006 e tra quelli che, invece, consigliano un approccio più soft.
Intanto le
statistiche USA continuano a dipingere un'economia in crescita ma con qualche passo falso. Al
super PIL del secondo trimestre e ad un mercato del lavoro in buona salute (nonostante la
delusione per gli occupati di agosto) si contrappongono dati allarmanti quali il calo della produzione industriale, le
difficoltà del manifatturiero e il
crollo della fiducia dell'Università del Michigan.
L'
ultimo Beige Book, infine, ha parlato di crescita da "modesta" a "moderata" rilevando però che il super dollaro, il crollo delle quotazioni petrolifere e il rallentamento della
Cina potrebbero mettere sotto pressione la manifattura americana (cosa che si sta puntualmente avverando).