(Teleborsa) - Dopo una crisi finanziaria che non ha visto arrivare,
Ben Bernanke ha guidato gli Stati Uniti per non farli cadere nel panico, che poteva avere effetti potenzialmente devastanti.
Eppure, cinque anni dopo, il recupero dell'economia a cui Bernanke ha contribuito con l'applicazione di politiche straordinarie, rimane debole. Il numero uno della Banca centrale americana sta preparando i suoi ultimi giorni da presidente valutando l'eredità che lascerà alla Yellen, suo successore alla guida della Fed.
Un'eredità che, oltre all'audacia e alla persistenza nel trovare la strada della ripresa, comprende anche una certa frustrazione derivante dai limiti oggettivi evidenziati dalla Federal Reserve nel contrastare efficacemente la crisi, esplosa nel 2008.
Ma alla radice del problema che affligge Bernanke c'è un annoso dibattito tra la figura del Presidente di una Banca Centrale e i suoi più diretti collaboratori, in merito a ciò che la Fed avrebbe potuto e dovuto fare per cercare di stimolare un'economia che non ha del tutto risposto alle sue direttive. "Darò continuità alle politiche e alle strategie di Alan Greenspan che restano per me una priorità assoluta", disse Bernanke in occasione del suo insediamento, nel novembre 2005, citando il suo predecessore. Il numero uno della Fed ha parlato ampiamente della necessità di assicurare la stabilità finanziaria, ma non ha fatto menzione, nella sua dichiarazione, della minaccia di un boom immobiliare che da allora aveva iniziato a mostrare segni di cedimento.
I fans di Bernanke dicono che la storia lo indicherà come colui che con coraggio, a crisi conclamata, ha scongiurato un'altra grande depressione economica, come quella del 1929.
Mark Gertler, professore di economia alla New York University e amico di Bernanke, ha detto che "come Roosevelt, era colui che dava tranquillità durante i giorni più bui della crisi economica."