Non c'è ancora nessun chiarimento sul futuro delle reti di telecomunicazioni italiane, da quando a fine agosto ci siamo occupati della vicenda di TIM, con un articolo intitolato: "Una Rete fatta di Nodi".
La storia è ben nota:
dagli oltre 7 euro per azione che Telecom Italia valeva nel 2001, oggi TIM quota attorno ad un quarto di euro. I debiti alla fine del terzo trimestre di quest'anno sono stimati in crescita a 26,45 miliardi di euro, rispetto ai 25,5 dell'anno scorso: con i tassi di interesse che si sono fatti assai più alti rispetto al passato, l'onere non può che crescere con i rinnovi alle scadenze, mentre i proventi segnano il passo. Il loro incremento complessivo del 1,4% deriva infatti dalla compensazione tra la flessione dello 0,2% di quelli del mercato italiano e la crescita del 5,8% di quelli del Brasile.
La
cessione della rete al Fondo KKR, che di recente ha offerto 20 miliardi di euro per la rete di TIM cui ne aggiungerebbe altri 2 miliardi per la acquisizione di Open Fiber, è stata approvata dal CdA di TIM, con il voto contrario dei tre rappresentanti di
Vivendi che sostiene la necessità di un passaggio decisionale in Assemblea dei Soci. Si preannunciano ricorsi.
Ma, intanto, si vede chiaramente che
è stato drasticamente ridimensionato il valore di Open Fiber, che si è aggiudicata come
concessionaria di INFRATEL la realizzazione con fondi pubblici delle reti in fibra ottica nelle aree a fallimento di mercato: era stato stimato in 5,5 miliardi di euro all'atto della vendita del 50% da parte di Enel, cui sono subentrati il
Fondo australiano Macquaire per il 40% e la Cassa Depositi e Prestiti per un ulteriore 10%, arrivando così al 60% rispetto alla posizione paritaria che aveva in precedenza con Enel.
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