"Se non si rompe non si aggiusta!": così proclamavano i
Rivoluzionari comunisti che chiedevano il sovvertimento dei rapporti di Classe,
appellandosi ai Proletari di tutto il mondo affinchè si unissero in questo sforzo immane e decisivo.
Era il "s
istema capitalistico" che andava combattuto in quanto tale ed abbattuto: l'edificazione di una Società socialista non ammetteva le mezze misure sostenute dai Riformisti. Erano palliativi inutili, illusioni che anzi rafforzavano la presa del potere sul Proletariato.
La stessa previsione, a suo modo scientifica, della crisi inevitabile che avrebbe travolto il Capitalismo per via delle sue contraddizioni intrinseche, con la caduta tendenziale del saggio di profitto determinata dalla concorrenza sul mercato, serviva a dimostrare la
insostenibilità di quel modello economico e sociale.
L'idea di una
società finalmente giusta ed equilibrata, si fondava sul
controllo sociale: non occorreva forgiare solo un Uomo nuovo, una Umanità finalmente liberata dall'ossessionante sfruttamento economico degli uni sugli altri, ma una Scienza al servizio dell'Uomo. Era una spinta irrefrenabile verso un Futuro diverso.
L'ideologia ambientalista che permea il post-Umanesimo considera a sua volta insostenibile il processo di crescita economica continua: in termini malthusiani, la
Terra non può sfamare tutti gli uomini che ora la abitano, fornendo a ciascuno il tenore di vita goduto da coloro che vivono nei Paesi economicamente più avanzati. Il loro benessere dipende dallo sfruttamento degli altri Popoli: estendere a questi il medesimo livello di consumi è impraticabile perché le risorse materiali sono insufficienti.
Ne deriva che l'
obiettivo della giustizia e della uguaglianza tra i Popoli non può essere perseguito con una
rincorsa verso il maggior benessere che caratterizza i processi di crescita economica: la crisi sistemica è dietro l'angolo, perché il modello economico è intrinsecamente destinato al fallimento, con la fine della Umanità.
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