La
gestione del tasso di cambio è fondamentale per un Paese come la
Russia, che fonda gran parte della propria economia sulle
esportazioni e che è soggetta da due anni ad un regime di
sanzioni assai stringenti da parte dei Paesi occidentali per punire l'invasione della Ucraina.
Mosca è riuscita nel breve termine ad evitare il collasso finanziario con una serie di misure straordinarie, soprattutto imponendo l'obbligo di
pagare in rubli le importazioni di prodotti energetici: in realtà, visto che di rubli sul mercato non ce ne sono a sufficienza, si continua a pagare in dollari oppure in euro aprendo un conto speciale che serve a questa conversione, effettuata sulla piazza di Mosca, che viene controllata dalla
Banca centrale russa. In pratica, è questa che rilascia i rubli necessari ad effettuare il pagamento ed a comprare la valuta estera.
E' un regime di cambio controllato, che ha rafforzato il rublo a fronte del clima di
profonda sfiducia che lo aveva colpito subito dopo l'inizio della invasione della Ucraina e le sanzioni comminate dagli Usa e dalla Unione europea, quando si registrò un crollo violento: dai 77 rubli per 1 dollaro dell'11 febbraio del 2022 si arrivò a 134 rubli l'11 marzo. Le misure di emergenza volte ad assicurare la tenuta della valuta russa ebbero successo: il rublo riuscì a rivalutarsi fino a raggiungere quota 54 il 24 giugno 2022 e poi tendere ad una lenta ma incessante svalutazione, fino ad arrivare al cambio di 100 rubli per 1 dollaro lo scorso 10 agosto, data a partire dalla quale la Banca centrale russa aveva già annunciato che non avrebbe più acquistato valuta straniera.
Mentre nel primo periodo le misure di emergenza erano riuscite ad evitare il caos ed a rimediare al crollo del rublo, è stato successivamente
necessario pilotarne il cambio in modo da stabilizzare il mercato con l'obiettivo di farlo scivolare ad un livello tale da massimizzare i proventi in rubli derivanti dalle esportazioni di prodotti petroliferi e di scoraggiare le importazioni.
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