Il virus è diventato il punto di svolta.
Come d'incanto, nell'opinione pubblica italiana è
svanita la preoccupazione per gli sbarchi dei clandestini, è venuto meno il sentimento di insofferenza verso la Unione europea.
Alla fine, presi dalla paura del dopo, un po' tutte le forze politiche si sono convinte della
necessità di sostenere il Governo Draghi che proclama la "irreversibilità dell'euro" e la prospettiva di cedere ulteriori quote di sovranità nelle aree in cui siamo più deboli.
Sono tutti preoccupati per il futuro, non solo in Italia: la
sopravvivenza delle imprese dipende quasi sempre dagli aiuti concessi dai governi, quella di tante famiglie è condizionata dagli interventi a sostegno del reddito a chi ha perso il lavoro. Si va dalle garanzie pubbliche sui crediti bancari erogati per assicurare la liquidità ai "ristori" di ogni genere.
Non si tratta di negare l'esistenza del virus o di sottovalutare la diffusione dei contagi, ma di constatare come la gestione politica della crisi sanitaria venga utilizzata per riassorbire ogni possibile protesta popolare attraverso un metodo classico e sempre efficace: ribaltare nella testa delle persone l'ordine delle priorità e la graduatoria delle preoccupazioni.
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