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Euro, la Germania si chiama fuori

Prima strumento di dominio, ora è il lager della repressione finanziaria


Se la Germania vuole, come ha annunciato, offrire protezione alle proprie aziende in difficoltà, chiedendo al mercato capitali per oltre 750 miliardi di euro, di certo non può offrire rendimenti penalizzanti sui Bund.

Se i BPT italiani hanno visto ridurre lo spread rispetto al Bund, è ancor più vero che il rendimento di questi ultimi è peggiorato ancora, scendendo ulteriormente in territorio negativo. Per aiutare alcuni, altri ci rimettono l'osso del collo.


Ed i capitali, ora, fuggono anche dalla Germania per rifugiarsi in Treasury bond statunitensi.

Siamo giunti all'epilogo.

Per venti anni, a partire dalla sua introduzione, la Germania ha beneficiato dell'euro sul piano commerciale, perché la moneta unica impediva agli Stati europei, e soprattutto all'Italia, di svalutare competitivamente la propria valuta. Ha conquistato impunemente il mercato dell'Unione ed ha approfittato della relativa debolezza dell'euro sul dollaro per fare strage anche negli Usa.

Se, come appare ovvio, la BCE si rifiuterà di fornire giustificazioni circa il proprio operato, dal 5 di agosto la Bundesbank non procederà più all'acquisto di titoli di Stato tedeschi sulla base del PEPP: non immetterà più liquidità che schiacci verso il basso i rendimenti.

Il mercato ha intuito questa prospettiva, ed infatti i tassi sui Bund stanno già risalendo, così come lo spread dei BPT si sta aprendo.

L'Euro dimostra la sua vera natura: è un sistema di cambi fissi in una area monetaria non ottimale. Regge solo quando l'economia cresce, ma è soggetto a frantumarsi quando ci sono crisi.
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