Nelle prossime elezioni regionali si definiranno i nuovi schieramenti politici, sia a destra che a sinistra. Il M5S è ormai ridotto a ben poca cosa, con le due OPA simultanee, lanciate ormai da tempo sia da parte della Lega che del PD. I giochi sono più complessi, perché un bipartitismo PD/Lega non è sufficiente per governare l'Italia e neppure le singole Regioni.
Siamo di fronte ad uno scenario di tipo americano.
Da una parte c'è un leader fuori dagli schemi, dirompente, Matteo Salvini, che alla guida della Lega cerca di farsi largo a tutti i costi: critico verso l'Europa, è liberista e nazionalista come Donald Trump. Ma
il sistema politico italiano non è fondato sul bipartitismo ed il sistema elettorale non è perfettamente maggioritario come quello inglese o statunitense, dove vige la regola secondo cui "
The winner takes all". Servono dunque alleanze nel centrodestra, in uno schema politico tendenzialmente bipolare: ma stavolta il fulcro non sarebbe più Forza Italia, un partito tendenzialmente moderato, membro dei Popolari a livello europeo.
Dall'altra parte dello schieramento politico c'è il PD, che ha una struttura tradizionale articolata, ben incistata da anni in tutte le relazioni di potere: con il mondo finanziario, con quello ecclesiastico, con le associazioni imprenditoriali ed a livello europeo dove siede nel Gruppo SD (Sinistra e Democrazia).
Il PD italiano assomiglia tanto al Partito Democratico americano, anche per la mancanza in questi ultimi anni di sfoggiare leader capaci di trascinare il voto popolare: vive delle relazioni profonde con il Deep State. Anche al PD servono alleanze politiche, come è successo ai tempi dell'Ulivo e poi dell'Unione: ma furono talmente ampie ed eterogenee da risultare presto inconsistenti. I rispettivi governi caddero presto, per problemi interni alla stessa maggioranza.
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