La spallata dei democratici contro la Presidenza di Donald Trump è fallita.
Nonostante i
due anni di ininterrotta guerriglia politica, condotta sui media ed in ogni altra sede possibile con campagne scandalistiche di ogni genere volte delegittimare Trump, dalle aggressioni sessuali ai rapporti con la Russia, la risicata maggioranza conquistata dai Democratici alla Camera dei Rappresentanti suona come una sconfitta. Peggio ancora è andata al Senato, con la conquista di
almeno tre seggi in più da parte dei Repubblicani, che finora erano appesi ad un solo voto di scarto.
Di Donald Trump e della campagna elettorale dei candidati Repubblicani c’è ben poco da dire: i temi su cui votarli sono rappresentati dalle scelte che il Presidente fa quotidianamente, tanto discusse e spesso ampiamente contestate.
C’è una duplice crisi, assai profonda, all’interno dei Democratici. In primo luogo il Partito soffre per la mancanza di una vera leadership, dopo la
sconfitta cocente di Hillary Clinton contro Donald Trump e la caduta in un cono d’ombra dell’ex Presidente Barack Obama. In secondo luogo, il vasto consenso di cui gode ancora Bernie Sanders, il “socialista”, non ha delineato una linea politica maggioritaria nel Partito, che invece ha puntato su una campagna elettorale fondata sulle identità religiose e di razza.
Per fronteggiare la lotta all'immigrazione clandestina ostentata in continuazione da Trump, e soprattutto il divieto di rilasciare visti di ingresso a coloro che provengono da una serie di Paesi islamici in cui alligna il terrorismo, i Democratici hanno riproposto malamente le ragioni del conflitto sociale ed etnico all'interno dell’America, dando come irrisolto il metodo del "
melting pot", quel crogiolo in cui le diversità si mescolano tra loro annullando i conflitti.
In passato, il momento unificante era stato il Sogno Americano, che non coincide solo con la prosperità economica e l’ambizione a far parte della middle class, ma con il diritto costituzionale di ricercare la felicità, ognuno a modo suo.
Ora, invece, la diversità etnica e religiosa torna pericolosamente ad essere una ragione di rivendicazione politica, e non di rappresentanza; esprime una rabbia inestinguibile che fa da specchio a quel suprematismo bianco che i Democratici vorrebbero combattere. In questo modo si alimenta il conflitto.
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