(Teleborsa) - Le nuove
tensioni in Mar Rosso stanno complicando la crisi in Medioriente, con
riflessi sui traffici commerciali globali, che rischiano di mettere a repentaglio l'economia e condizionare le scelte delle banche centrali. Ne è una testimonianza l'impennata del petrolio, che ha reagito all'ultima scaramuccia fra le forza Usa ed i
ribelli Houthi. Una questione che, secondo alcuni analisti,
rischia di influenzare l'inflazione e le politiche sui tassi.
Il
numero dei container trasportati in nave attraverso il Mar Rosso, secondo le stime del Kiel Institute, è infatti
scivolato del 66% a 200mila containers al giorno dai circa 500mila giornalieri trasportati in media a gennaio nel periodo 2017-2019. Chiaramente, a causa degli assalti nl Mar Rosso, le navi hanno dovuto
deviare il percorso, con un notevole
allungamento dei tempi (20 giorni di navigazione anziché 7)
e dei costi di trasporto.
Noli sono arrivati alle stelle Il cambio di rotta ha fatto
impennare i noli delle navi mercantili, che sono arrivati alle stelle. Sempre il Kiel Institute stima che il trasporto di un container standard da 40 piedi
dalla Cina al Nord Europa abbia
oltrepassato i 4.000 dollari USA, rispetto ai circa 1.500 dollari USA di novembre.
Il
World Container Index di Drewry, una società indipendente di ricerca e consulenza nel settore mercantile, rilevato ieri 11 gennaio 2024 ha segnalato un
aumento del costo questa settimana del 15% a 3.072 dollari. Secondo la società di consulenza il nolo avrebbe registrato in media una
impennata del 61% a 2.670 dollari per le tariffe relative a spedizioni di unità da 40 piedi, rispetto alla precedente rilevazione datata 21 dicembre 2023. I
rincari maggiori sui box spediti
dall’Asia verso l'Europa ed il Mediterraneo: da Shanghai a Rotterdam +115% a 3.577 dollari, da Shanghai a Genova +114% a 4.178 dollari. Notevoli comunque anche gli aumenti relativi alle rotte in uscita dalla Cina verso gli Stati Uniti: – Los Angeles +30% a 2.726 dollari Shanghai-New York +26% a 3.858 dollari.
Uno shock che può influenzare la politica monetaria?Le crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente - sottolinea la società di gestione Schroders - hanno iniziato a creare
disruption nelle catene di approvvigionamento globali. Quest’ultima disruption fa seguito ai problemi di siccità nel Canale di Panama ed ai problemi che assillano Taiwan in vista delle elezioni.
Tutto ciò rischia di creare nuovi shock delle catene di approvvigionamento, come avvenuto dopo la pandemia di Covid-19, e provocare una
nuova impennata dell'inflazione, che costringerebbe le
banche centrali mondiali a rialzare aggressivamente i tassi d’interesse, in una fase in cui si sta pensando invece di ridurli.
Cosa accadrà veramente? Secondo gli esperti di Schroders i riflessi dei problemi di approvvigionamento sull'inflazione
dipenderanno dalla durata degli attuali sconvolgimenti, ma almeno tre importanti differenze nel contesto economico globale suggeriscono che è
improbabile che i problemi nel Mar Rosso determinino un r
ialzo significativo dell'inflazione: la debolezza della domanda globale; l'equilibrio dei modelli di consumi fra beni e servizi; la stabilità dell'offerta che implica che vere e proprie carenze sono improbabili.
Un rischio più immediato per l'inflazione globale - si sottolinea - subentrerebbe se le tensioni in Medio Oriente iniziassero a influenzare l'offerta di materie prime, in particolare facendo salire i
prezzi dell'energia. Se i prezzi del petrolio dovessero salire verso i 120 USD al barile, una simulazione prevede che
l'economia globale si muoverebbe verso una stagflazione.