(Teleborsa) - La
guerra dei dazi avviata da Donald Trump, l'impatto sui prezzi e la
politica monetaria della Federal Reserve sono l'argomento centrale dell'ultima
Ecopillola dell'economista
Andrea Ferretti, che riassume gli ultimi sviluppi della vicenda, offrendo una lettura che si proietta al 2028 ed all'avvicendamento alla guida della banca centrale americana.
1 - L'inflazione negli Stati Uniti A febbraio, l
'inflazione negli Stati Uniti è lievemente scesa dal + 3% di gennaio a un
+2,8%, anche meglio delle previsioni che indicavano un +2,9%. E' importante però evidenziare che il dato di febbraio non vuole affatto dire che i dazi imposti o minacciati da Trump non siano in grado di riaccendere il focolaio inflazionistico, ma solo che il
virus iniettato da Trump negli scambi internazionali si trova ancora in una
fase latente di incubazione. Un virus che, però, verosimilmente non tarderà a manifestarsi, come dimostrato anche dal fatto che sia l'OCSE che la Fed hanno alzato le previsioni di inflazione negli Stati Uniti per il 2025, portandole rispettivamente ad un +2,8% e ad un +2,7%.
2 - I tassi americani La Fed, il 19 marzo, ha lasciato per la seconda volta
invariati i tassi nell'intervallo 4,25-4,50%, dopo i tre tagli effettuati nell'ultima parte del 2024. Una scelta probabilmente dettata dal fondato timore che la
miscela esplosiva, composta da
incertezza e dazi, possa riaccendere una inflazione solamente sopita. Basterà ricordare, a questo proposito, che il presidente della Fed
Powell ha dichiarato, a margine dell'ultima riunione, che
l'incertezza è insolitamente alta e che i dazi stanno iniziando a esercitare una pressione sui prezzi.
3 - Il duello tra Trump e la Fed Il vero punto è che Trump, grazie all'incertezza iniettata nei sistemi, alle minacce sui dazi, agli atteggiamenti predatori assunti in
politica estera, è riuscito a modificare in breve tempo lo scenario macro americano. Tanto è vero che la Fed ha sensibilmente
ridotto le previsioni di crescita del PIL USA per il 2025 dal +2,1% di dicembre a un +1,7% e anche l'OCSE ha abbassato le stime di crescita per il 2026 a un +1,6%. La conseguenza diretta di tutto ciò è che Trump è riuscito, sorprendentemente, a trascinare anche la Fed davanti a quel bivio diabolico che, fino ad oggi, è stato appannaggio esclusivo della BCE
: evitare una recessione mediante una politica di forti ribassi dei tassi
o rallentare invece la discesa dei tassi per non vanificare i risultati sin qui ottenuti nella lotta all'inflazione? E qui iniziano i problemi, perché davanti a questo
bivio del diavolo, Trump spinge la Fed a ridurre i tassi in maniera da compensare gli effetti recessivi dei suoi dazi,
e Powell resiste, ribadendo la necessità di muoversi con prudenza e sottolineando l'indipendenza della Fed nelle decisioni di politica monetaria. Ora, fino ad oggi questa postura equilibrata della Fed ha evitato grossi guai, ma ciò che preoccupa è che il
mandato di Powell termina nel 2026, quello di Trump nel 2028 e, per sottrarsi alle pressioni "trumpiane", il prossimo presidente della Fed dovrebbe essere davvero un super eroe della Marvel.