(Teleborsa) - Per adeguare il parco dei
grandi depuratori italiani alla nuova
Direttiva europea sulle acque reflue (2024/3019) saranno necessari investimenti fino a
1,5 miliardi di euro, in un Paese in cui 1,3 milioni di cittadini sono ancora privi di un servizio di depurazione. Sono alcuni dei dati resi noti oggi a Roma in occasione della presentazione del
Blue Book 2025 realizzato dalla
Fondazione Utilitatis e promosso da
Utilitalia, relativi al servizio idrico integrato, e del Libro Bianco 2025 “Valore Acqua per l’Italia” di TEHA (The European House – Ambrosetti), relativi alla filiera estesa dell’acqua.
Tra le
novità introdotte dall’ultima direttiva europea viene esteso l’
obbligo di raccolta e trattamento delle acque reflue agli agglomerati urbani con oltre 1.000 abitanti equivalenti, riducendo la soglia precedente di 2.000 abitanti equivalenti ed introducendo l’obbligo di avere scarichi con requisiti pertinenti ai trattamenti secondari entro il 2035. Sono previsti, inoltre, ulteriori
obiettivi per l’adeguamento dei grandi impianti a sistemi di trattamento terziario (entro il 2039) e quaternario (entro il 2045). Ulteriori previsioni temporali vengono indicate per gli impianti di più piccola taglia recapitanti in aree sensibili.
Come emerge dal Blue Book (realizzato in collaborazione con Istat, Enea, Cnr - Istituto per la Bioeconomia, Istituto Superiore di Sanità e le sette Autorità di Bacino dei Distretti Idrografici) la nuova direttiva europea ha introdotto obiettivi stringenti per migliorare la qualità delle acque reflue. Si stima che per adeguare il parco dei grandi depuratori italiani rispetto all’esigenza di inserimento di sistemi di trattamento quaternario, saranno necessari dai
600 milioni a 1,5 miliardi come somma dei costi di investimento e di esercizio richiesti, in base alle tecnologie impiegate. Investimenti nel settore depurativo sono necessari, considerando che in Italia si contano ancora 856 agglomerati in
procedura di infrazione per un carico organico generato pari a circa 27 milioni di abitanti equivalenti, di cui il 76% ubicato al Sud.
Il
Libro Bianco 2025 realizzato da TEHA attraverso i contenuti emersi dai lavori della Community “
Valore Acqua per l’Italia”, evidenzia come il nostro Paese si collochi solo al 22° posto nell’UE-27 per la quota di acque reflue domestiche trattate in modo sicuro, con un valore del 70,2%. I Paesi Bassi sono il miglior esempio con il 99,8% di trattamento. Ogni anno 6,7 miliardi di metri cubi di acque reflue vengono convogliati nei depuratori, ma una gestione più efficace potrebbe aumentarne il riutilizzo. Sono 296 i Comuni e 1,3 milioni i cittadini privi di un servizio di depurazione, con forti criticità nel Sud (400.000 persone, 3% della popolazione regionale) e nelle Isole (640.000 persone, 9,9%). Questa situazione ha già portato all’apertura di 4 procedure di infrazione da parte dell’UE, costando all’Italia 143 milioni di euro in sanzioni dal 2010 al 2021.
Le
gestioni in economia interessano ancora
7 milioni di cittadini. Per superare queste criticità sono importanti anche il subentro del gestore unico in alcuni ambiti territoriali, il superamento delle gestioni in economia e della frammentazione gestionale del settore idrico. I dati del Blue Book evidenziano che si tratta di processi in pieno sviluppo, grazie anche al contributo delle azioni di riforma messe in campo dal PNRR. Ad oggi le criticità principali legate al mancato affidamento degli ambiti si segnalano prevalentemente in alcune regioni del Sud e sono comunque in via di risoluzione. L’85% dei cittadini è servito da un unico soggetto che gestisce il servizio idrico integrato, mentre restano ancora circa 7 milioni di cittadini dove almeno uno dei servizi idrici è gestito da enti locali (gestioni in economia) che hanno notoriamente una minore capacità di investimento rispetto ai gestori industriali.
"I dati del Blue Book 2025 – spiega il Prof.
Mario Rosario Mazzola, presidente della Fondazione Utilitatis – evidenziano come il settore idrico italiano sia in continua evoluzione. In un contesto segnato dai cambiamenti climatici e da un crescente stress idrico, occorre adottare un approccio integrato nella gestione della risorsa, superando le criticità residue. L’attuazione di una governance efficace nel settore idrico italiano rappresenta un passaggio imprescindibile per garantire la realizzazione degli interventi necessari alla sicurezza e sostenibilità della risorsa idrica".
Buoni, invece, i
parametri relativi alla
qualità delle acque. Dal Libro Bianco emerge come l’Italia sia al 6° posto in Europa: nel nostro Paese l’85% dell’acqua potabile viene prelevato da fonti sotterranee, naturalmente protette. In aggiunta a questo elemento qualitativo, secondo le recenti ricerche dell’
Istituto Superiore di Sanità quasi tutte le Regioni italiane hanno un tasso di conformità della qualità dell’acqua prossimo al 100%.
"Un livello di qualità che non è sempre del tutto percepito – ha commentato
Benedetta Brioschi, partner TEHA –. Secondo i dati della ricerca condotta dalla Community Valore Acqua per l’Italia più della metà degli italiani dichiara di non bere mai o solo raramente acqua del rubinetto, nella maggior parte dei casi perché non è ritenuta sicura. Se il 95% della popolazione coinvolta dichiara di prestare attenzione alla riduzione dei propri consumi d’acqua questa consapevolezza si accompagna, tuttavia, a comportamenti paradossali: solo il 6% ha una percezione corretta del proprio consumo idrico, mentre il 23% lo sottostima e il 71% non è in grado di quantificarlo".