(Teleborsa) - Le parole di
Donald Trump riportate da tutte le agenzie mondiali
sul ruolo dell’Ucraina hanno nuovamente enfatizzato un tema sempre più centrale nella
competizione geopolitica e geoeconomica: il controllo delle risorse, con un vago riferimento alle "rare earths" (
terre rare). Che l’Ucraina fosse al centro dell’attenzione per le sue ingenti risorse è un
tema che precede il conflitto, tuttavia, le dinamiche attuali rendono evidente come queste risorse siano diventate una
variabile chiave anche per la risoluzione del conflitto stesso. Gli sviluppi in ambito politico ed economico sono stati analizzati dall’Outlook a cura dell’area investimenti di
ERSEL Banca Privata, in collaborazione con
ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, dal titolo "Le materie prime dell’Ucraina fanno gola, e non solo a Trump".
Gli sviluppi geopolitici e geoeconomici della guerraL’Ucraina è un
paese vasto, che rappresenta circa lo 0,4% della superficie terrestre ma
contiene, secondo alcune stime,
il 5% delle risorse minerarie a livello mondiale. Prima dell’invasione - mette in luce Alberto Prina Cerai dell'ISPI - poco più di 3.000 siti erano attivi, di cui la maggior parte costituiti da
minerali non ferrosi. Non solo: i territori occupati dell’Ucraina orientale contengono
giacimenti di gas naturale. Tuttavia, il
vero “tesoro ucraino" è rappresentato da una gran quantità di
materie prime minerarie come alluminio, rame, nichel, litio, germanio, niobio, tantalo
e terre rare, ma anche
uranio (2% delle riserve mondiali) che sta tornando di interesse per il possibile rilancio dell’industria nucleare.
Per tuttii questi motivi
l’Ucraina è considerato un "partner unico e molto solido". Già prima dell’invasione l’UE aveva identificato nell’Ucraina un paese partner fondamentale per l’eventuale fornitura di 20 delle 33 materie prime critiche stilate dalla Commissione e per le quali a luglio 2021 era stata avviato un dialogo strategico, poi rimasto in stand-by per via del conflitto.
Secondo alcune ricostruzioni preliminari,
gran parte di queste risorse energetiche e minerarie
ora sarebbero sotto il controllo russo, per un valore stimato di circa 12.000 miliardi di dollari. Il
restante 60% circa delle risorse minerarie distribuite sul territorio fuori dal controllo russo e quindi
potenzialmente raggiungibile.
Dal punto di vista
geoeconomico, l’interesse di accedere a queste risorse è da soppesare rispetto al
posizionamento di USA e UE per quanto concerne la politica industriale soprattutto verso le tecnologie green, particolarmente avide di minerali critici come appunto
litio o grafite. Allo stato attuale, l'UE sembra potersi presentare come un partner più accondiscendente, ma c’è da tenere conto di quali sono e saranno le forze negoziali in campo e il potere di persuasione del Presidente Trump su Zelenzkiy.
Come si muoveranno i mercati "Pur avendo indirizzato la politica economica USA verso un tema ben delineato, l’aumento dei dazi e il newslot praticamente incessante di queste prime settimane - spiegano gli esperti di ERSEL - non permettono modifiche puntuali precise allo
scenario delineato, che verosimilmente verrà
corretto al ribasso per la crescita e al rialzo per l’inflazione. Tutto questo non ha avuto effetti concreti in termini di variazione dei
posizionamenti per i portafogli multiasset, ma pone i presupposti per azioni anche repentine qualora le molte incertezze dovessero venir meno".
Per quanto riguarda le
obbligazioni, secondo gli espetti di ERSEL è opportuno un
posizionamento pieno sulla duration, soprattutto per i portafogli multiasset per compensare i rischi legati agli investimenti nell’ambito delle azioni e del credito. "Tra le
obbligazioni societarie continuiamo a preferire le emissioni con
alto merito creditizio; le emissioni del settore finanziario offrono ancora un extra-rendimento interessante e continuano dunque ad essere ben rappresentate nei portafogli".
"Per le
azioni la situazione attuale lascia pochi "margini di errore" sul fronte dei multipli di valutazione; tuttavia, la
crescita degli utili da noi attesa (meno ottimista del consenso) potrebbe essere sufficiente per continuare a sostenere l’attuale
trend positivo, soprattutto negli USA".
"Guardiamo con attenzione agli
sviluppi della politica economica in atto in Cina. Qualora le autorità dovessero rispondere con adeguate risorse alla doppia sfida, esterna rappresentata dall’amministrazione Trump e interna sulla situazione di crisi del settore immobiliare, si potrebbe aprire un tema di
investimento di un certo orizzonte temporale
sul mercato azionario locale".
"Per le
valute rimaniamo a
peso sul dollaro, che riflette la forza dell’economia americana; utile anche come elemento di hedging
nello scenario di trade wars", concludono gli analisti.
(Foto: Dominik Vanyi su Unsplash)