(Teleborsa) - Nuovi massimi per le quotazioni dell’oro che superano i 2.800 dollari l'oncia. A fare da assist ai prezzi del metallo giallo, contribuisce la forte domanda di
beni rifugio, dovuta alle minacce tariffarie degli Stati Uniti del 25% sulle importazioni provenienti da Messico e Canada, a partire da domani, 1° febbraio.
Rimane alta l’attenzione sui dati dell’inflazione americana per capire le prossime mosse della
Fed, in materia di tassi di interesse. A dicembre, il dato PCE, la misura preferita dalla Federal Reserve per calcolarla, è aumentato dello 0,3% rispetto al mese precedente, contro attese per un rialzo dello 0,4%, ed è cresciuto del 2,6% rispetto a un anno prima, il maggior aumento da maggio, in linea con le attese.
Nella riunione di mercoledì 29 gennaio, la banca centrale americana ha optato per una politica monetaria di "attesa e osservazione" riguardo agli effetti delle politiche dell’amministrazione
Trump. Il presidente della Fed, Jerome
Powell, ha affermato che i dati sull'inflazione e sull'occupazione determineranno quando sarà appropriato un allentamento della politica monetaria.
Inoltre, l’indebolimento del
dollaro nei confronti delle principali valute, dopo i dati deludenti sulla crescita statunitense è un ulteriore fattore di spinta ai prezzi dell'oro.
Il prezzo dell'oro spot, ovvero con consegna immediata, ha superato il record storico di 2.800 dollari, raggiungendo quota 2.800,98 dollari e, poi, ha ripiegato lievemente a 2.799,23 dollari.