(Teleborsa) - Fondata nel 1950 per cercare di risolvere la "questione meridionale", la
Cassa per il Mezzogiorno è stato lo strumento principale con il quale lo Stato italiano ha promosso nel Sud la realizzazione di opere infrastrutturali, dagli acquedotti alle strade, e poi di impianti industriali, coinvolgendo imprese pubbliche e private.
L’intervento straordinario, suddiviso in tre fasi -
Cassa per il Mezzogiorno, Agensud che l’ha sostituita e liquidazione finale - ha visto una s
pesa complessiva di 379mila miliardi di lire nel periodo 1951-1998 e ha contribuito ad accorciare le distanze tra Nord e Centro-Sud. Ma la fase conclusiva, caratterizzata da inefficienze e assistenzialismo, è stata oggetto di numerose critiche.
Nel suo volume presentato oggi alla
Luiss, "The Cassa per il Mezzogiorno, the World Bank and the model for Italian economic development" (Cambridge Scholars Publishing),
Amedeo Lepore, Professore di Storia dell'Economia e dell'Impresa alla Luiss, mira a tracciare un
bilancio complessivo del ruolo della CasMez, anche attraverso l’analisi della corposa documentazione prodotta sul tema dalla Banca Mondiale, la cui pubblicazione è stata autorizzata a partire dal 2010.
Ciò che emerge è la
realizzazione di un modello di sviluppo originale, basato sulla triangolazione di interessi tra Stati Uniti, Italia e Mezzogiorno, in cui non solo i robusti finanziamenti - tra il 1951 e il 1965 la Banca Mondiale ha erogato 400 milioni di dollari in finanziamenti per progetti nel nostro Paese - ma anche i controlli rigorosi e le valutazioni favorevoli dei partner internazionali hanno contribuito alle politiche espansive nel Meridione.
Come dimostra il Professor Lepore, con la chiusura di queste linee di finanziamento e le congiunture internazionali negative, dalle crisi petrolifere a quella finanziaria,
negli ultimi decenni il divario tra Nord e Sud Italia si è nuovamente accentuato e l'obiettivo della convergenza tra le due aree appare oggi più lontano.